recensioni dischi
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CHRIS COHEN  "Overgrown path"
   (2012 )

Chris Cohen, batterista, autore e polistrumentista già presente tra le fila di Deerhoof e Ariel Pink’s Haunted Graffiti, con il primo album solista per la label di Brooklyn Captured Tracks (Wild Nothing, Beach Fossils, Mac DeMarco, Blank Dogs), dimostra una padronanza stilistica eccellente. Chris è un abile mestierante di quella coolness piacevolmente indie snob che caratterizza le produzioni americane più hype e innovative, vedi Julian Lennon e Cass McCombs. L’esordio solista dell’ex batterista di Ariel Pink arriva a 37 anni suonati, in piena maturità stilistica, e ha l’odore del tesoro ritrovato, una consapevolezza cantautorale che porta alla mente gli ottimi dischi solisti di Father John Misty e Atlas Sound, aka Bradford Cox. ‘Overgrown Path’, l’esordio di Chris Cohen, conta su melodie finissime ma all’occorrenza vorticose, psichedelia leggera, ballate indolenti, cori e coretti, grande fruibilità, molti tempi lenti e grande attenzione affinché tutto suoni come deve suonare: avvolgente, calmo, conciliante, elegantemente polveroso. Sempre con un filo di voce, le chitarre ben presenti, costruite su microcosmi di piccole e larghe note, gli ampi spazi, pianoforti e batterie pastose, reminiscenze. Chris Cohen è un abile chansonnier, capace come pochi nel mescolare tendenze indie vintage e il classico lirismo americano, Neil Young su tutti. Tanta psichedelia che porta alla luce un attento studio degli anni ’60 e la lezione moderna del suo amico Ariel Pink, ma anche dei giovani Tame Impala. Chris Cohen è una sorpresa gradita, un autore dalle doti sopra la media, già incensato da Pitchfork e dalla stampa indipendente.