NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE "Li sarracini adorano lu sole"
(1974 )
1974, la sigla N.C.C.P da qualche tempo fa spesso capolino nelle classifiche italiane. Significa Nuova Compagnia di Canto Popolare. Il loro ultimo singolo, TAMMURIATA NERA, è addirittura in procinto di arrivare tra i primi dieci classificati e conta di rimanere in graduatoria fino all'inizio del nuovo anno. Il folk italiano, da un paio di stagioni sta vivendo una vera rinascita. Bisogna però distinguere tra folk e folk: diciamo che quello (per così dire) nobile è parte di un certo discorso portato avanti da artisti sicuramente sinceri come Maria Carta, Otello Profazio, Rosa Balistreri, Matteo Salvatore, Marina Pagano, Caterina Bueno, il Duo Di Piadena. Il loro successo ha avuto finora una linea di demarcazione: festival a tema, appassionati ricercatori della canzone popolare, il pubblico dei Conservatori. Un successo di nicchia. Poi Gabriella Ferri, tanto per fare un nome, ha portato in classifica il folk "rimaneggiato" e meno oscuro, come la riproposizione di canzoni napoletane o romanesche, successi vecchi di 60 anni, brani sudamericani. E' quello più facile da assimilare e che fa cassetta comunque. Ma grazie al successo della Ferri molti artisti di folk cosiddetto "puro" escono allo scoperto. E tra questi la N.C.C.P . Addirittura un programma istituzionale come Canzonissima quest'anno dedica al folk un girone a parte (a dir la verità lo fece per primo il Cantagiro in tempi non sospetti, nel 1969), un girone dapprima guardato con sospetto e poi molto seguito, che decreterà vincitore Toni Santagata. Si appoggiano al folk cantanti in calo di popolarità che tentano questa carta per risalire la corrente: Orietta Berti, la quale non fa assolutamente folk ma (permettetemi la battuta stra-usata) bifolk, con canzoni dell'aia e cose del genere (LA BELLA GIARDINIERA TRADITA DALL'AMORE o LA BELLA GIGOGIN). La Fratello, che cominciò addirittura nel 1971 con un bell'album (LA RAGAZZA DEL SUD), visto il momento propizio ci riprova con un nuovo LP. La Identici fa la stessa cosa, così come la Cinquetti che crede di essere folk mentre invece si ricicla nel più "bieco" liscio cantando tanghi e mazurche e nonostante ciò riesce a ritagliarsi un pubblico nuovo ed ottenere davvero tanto successo. La N.C.C.P si pone comunque in maniera differente e critica rispetto alla classica canzone napoletana, quella dei Di Giacomo e degli E.A. Mario o Bovio o Califano (non Franco, naturalmente). Secondo il loro punto di vista quella non è la vera canzone napoletana ma la canzone napoletana divenuta di successo mondiale. Loro preferiscono proseguire in discorso iniziato nel 1972 quando Eugenio Bennato, Giovanni Mauriello, Nunzio Areni, Patrizio Trampetti, Beppe Barra e Fausta Vetere, sotto la guida del maestro Roberto De Simone decidono di dedicarsi alle villanelle, alle laudi, alle canzoni delle processioni. Si esibiscono per la prima volta al Festival Dei Due Mondi di Spoleto e vengono portati in trionfo. Il pubblico dei Due Mondi è sicuramente raffinato e quindi è più facile avere consenso quando fai cose di un certo tipo ma il successo lo si vede alla distanza, quando c'è un riscontro positivo anche tra la gente comune. Il successo prosegue così come proseguono ad incidere dischi. Per loro il folk è uno solo, quello che viene tramandato da padre in figlio nelle campagne, nei piccoli centri, in quei luoghi dove la civiltà dei consumi non è riuscita ancora a cancellare del tutto le tradizioni più antiche. De Simone dedica parecchio del suo tempo alla ricerca di musiche, villanelle, motivi in tutto il territorio italiano e spesso anche estero, cercando matrici e fonti originali, mettendole insieme sino a giungere alla ricostruzione completa di brani di cui sono andati persi i manoscritti, se mai siano esistiti. Le epoche da cui queste canzoni vengono attinte sono alla base della cultura musicale occidentale. Brani vecchi di centinaia di anni, villanelle del '500 in napoletano antico, brani umbri, cose anche mai sentite da decine e decine di anni. De Simone è anche, e soprattutto, un grande ricercatore e un docente di Storia delle Tradizioni Popolari alla facoltà di Salerno e insegnante di Storia della Musica all'Accademia di Belle Arti a Napoli. Il loro ultimo disco a 33 giri si intitola LI SARACENI ADORANO LU SULI ed entra in classifica senza alcuna difficoltà. In questo disco, così come si evince dal titolo, ci sono influenze saracene e delle altre popolazioni che nel corso del secoli hanno dominato la città di Napoli. Un repertorio permeato della rabbia e della protesta della gente più povera. Gli strumenti usati nel disco sono quelli antichi e cioè tamburelli, nacchere, putipù, scacciapensieri, marranzano, arpa, flauto, plettri e chitarre. I due brani di maggior impatto sono due tammuriate, quella intitolata ALLI UNO ALLI UNO e TAMMURIATA NERA, canzone del 1945, dove, quando si dice "è nato nu creature niro niro, 'a mamma 'o chiamma Ciro", si parla di uno dei tanti figli dell'occupazione americana di quel periodo, quando i militari della U.S P. facevano amicizia ed altro con le ragazze del luogo. Soprattutto se prostitute. E tanti di quei militari erano di pelle nera. Quindi, continua la canzone va truvanno mò chi è stato, chi ha cogliuto buono 'o tiro, chillo, "o fatto", è niro niro... Come per dire: lo puoi chiamare anche Ciro ma si vede che proprio napoletano purosangue non è. Un modo tipicamente napoletano di sdrammatizzare anche fatti che potevano essere visti come incresciosi. Il gruppo ha reinventato la ritmica del brano aggiungendovi anche alcune strofe tratte da un motivetto americano dell'epoca (PISTOL PACKIN' MAMA) portato a Napoli dalle stesse truppe. Un altro brano molto famoso incluso nel disco è 'O GUARRACINO (da non confordersi con 'O SARRACINO) una tarantella sulla storia di un pesce, dove Eugenio Bennato (fratello di Edoardo) suona la chitarra battente alla maniera dei vecchi suonatori delle Puglie. Poi c'è una versione particolare di 'E SPINGOLE FRANCESE, nota per la trasposizione di Di Giacomo. Una canzone vecchia di 400 anni come IN GALERA LI PANETTERI che racconta di una serrata in seguito ad un rincaro del pane. Nel disco il gruppo canta senza microfoni perché rifiutano l'elettrificazione del disco come rifiutano l'invito della Rai a partecipare nel girone folk di Canzonissima. Un mosaico sonoro molto vario che passa dai toni bandistici a quelli meno mediterranei che richiamano antiche tradizioni africane o ai lunghi suoni dell'Arabia, a musiche e canzoni ora melodiche ora arrabbiate e nervose. Un disco veramente interessante anche per chi non è appassionato del genere. Sicuramente quando si parla di musica folk in Italia non si può non citare questo disco che col tempo è divenuto una pietra miliare del folk italiano. (Christian Calabrese)