MAX PEZZALI / 883 "Hanno ucciso l'Uomo Ragno 2012"
(2012 )
Si potrebbe tranquillamente disquisire sul fatto che le uscite musicali odierne siano in gran parte ristampe, deluxe editions e ricicli di roba già uscita, tanto per farci capire come probabilmente il mercato non sappia che pesci pigliare - o, semplicemente, non può fare altro che rivolgersi ad un pubblico vintage che i dischi era abituato a comprarli e, quindi, magari a ricomprarli. E ci si potrebbe quindi chiedere se queste operazioni siano davvero necessarie o meno, al di là del giudicare se davvero "Hanno ucciso l'uomo ragno" meriti un tributo dopo vent'anni dall'uscita. Perchè, qualcuno potrebbe giustamente dissertare, un conto è dar tributo ai "Dark side" o ad altre pietre miliari della musica, un conto è passare dagli 883, tra l'altro nemmeno per la prima volta, dato che già una "extended version", con inediti e altre cose, c'era. Beh, alla fine, forse - ma diciamolo sottovoce - la cosa è meritata. L'album uscì nell'estate del 1992, come una delle tante proposte iperpromosse da Claudio Cecchetto, che tante volte ci beccava e tante altre volte no. E divenne subito un successo totale, misterioso perchè mai un disco italiano era riuscito a volare così in alto senza avere quelle tematiche e quel lirismo che si chiedeva a chi era figlio dei cantautori anni '70 o quella voglia vaschiana e zuccheriana di rifarsi il guardaroba negli '80. Qui era slang giovanile senza pretese di andare oltre quello che il proprio vocabolario garantiva, ma senza tirarsela come certi rappers o gongolare della propria natura, e in un modo o nell'altro era difficile non riconoscersi in almeno uno di quegli slogan che Max Pezzali, già stempiato all'epoca (e nemmeno un toupè riciclato dall'ormai defunto Sandy Marton, tanto per restare in scuderia), intonava. Siamo stati tutti figli degli 883, dai post-paninari che continuavano a vedere Cecchetto come un faro, ai metallari a cui sicuramente una mamma avrà urlato "Questa casa non è un albergo", agli sfigati che facevano collezione di due di picche, e se questo disco è entrato nella storia un motivo ci sarà, se valutato senza lo snobismo tipico della critica. Bene. La riproposta frullata e aggiornata, tutto sommato, non serve a niente. Perchè non saranno i tardi teenagers di oggi ad apprezzare questo aggiornamento, così come non saranno i tardi teenagers di ieri a capire perchè straziare piccoli quadretti provinciali che così tanto bene calzavano all'epoca. Ma il disco del ventennale, un grande merito ce l'ha, ovvero aver riportato in Italia, accanto a Pezzali, anche solo temporaneamente, Mauro Repetto. Finito da Disneyland, a Parigi a lavorar con la moglie in una boutique di moda, pare, e apparso di recente in un monologo teatrale diventato ormai di culto su youtube. Perchè Repetto è stato il Jack Frusciante della Bassa, quello che andò via alla ricerca di un Graal mai trovato, e perchè Repetto, probabilmente, c'entrava con il successo degli 883 più di quanto non si pensasse. E se un giorno qualcuno volesse dare una spolverata a "Zucchero filato nero", il suo disco solista che è un autentico capolavoro di bruttezza, quindi capolavoro a prescindere, il cerchio sarà chiuso. E i teenagers di ieri potranno per un giorno mandare al diavolo i problemi dell'età adulta canticchiando "Te la tiri" assieme a "Voglia di cosce e sigarette" (cercatevela) senza pensare a pannolini da cambiare o IMU da pagare. (Enrico Faggiano)