THE SMITHS "The queen is dead"
(1986 )
Chiaro, che intitolare un disco "La regina è morta", lo potevano fare solo loro (e Morrissey, da solista, avrebbe poi cantilenato il suo augurio che la Thatcher finisse ghigliottinata. Immaginatevi una roba simile in Italia). Ma "The Queen is dead", in un modo o nell'altro, è forse l'apice della carriera degli Smiths. Il disco in cui si riesce a trovare la quadratura del cerchio, rendendo appetibili anche alle masse quei prodotti che, fino a pochi mesi prima - qui infatti si incideva un disco alla settimana o quasi - rischiavano di passare come ostici o inosservati. E il clamore per l'impresa nasce dal fatto che gli ingredienti erano poi sempre gli stessi: i giri di chitarra di Johnny Marr, la voce malinconicamente monocorde di Morrissey, e canzoni in apparenza tutte con lo stesso sound e lo stesso stampino. Ma si sa: a volte basta anche solo spuntare i capelli di un millimetro, o cambiare marca di scarpe, e da normali si può diventare top model. Qui si entrò pesantemente nelle discoteche rock con "Bigmouth strikes again", si invase MTV (MTV! Loro che i video "mai e poi mai") con "The boy with the thorn in his side", e si diede luce ad un capolavoro come "There is a light that never goes out", che sarebbe diventata colonna sonora imprescindibile per qualsiasi ragazzotto - o ragazzotta - in preda a crisi amorose adolescenziali. D'altra parte, qual cosa più romantica raccontare "se un autobus a due piani ci investisse, se un tir da 10 tonnellate ci uccidesse, morire accanto a te sarebbe un piacere"? Unico e insostituibile, "The Queen is dead" sarebbe diventata pietra miliare per tutta una generazione di brit-poppettari che, volenti o nolenti, agli Smiths devono tutto. E senza avere il genio di chi cantava "Dall'età della pietra a quella del sussidio di disoccupazione, ho capito che certe ragazze sono più grosse di altre". Voto 10. (Enrico Faggiano)