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VASCO ROSSI  "Colpa d'Alfredo"
   (1980 )

E’ l’album in cui Vasco decide di andare ancora un po’ più dentro il ruolo di rockstar maledetta, che solo due anni prima sembrava ancora vaga, e di alzare i ritmi della sua musica. Niente di paragonabile ai muri sonori che, decenni dopo, avrebbero coperto la totale mancanza di idee della produzione post 1986, per intenderci, ma è chiaro che Vasco sta capendo sempre di più quello che vuole fare. E forse, cominciando la gente ad etichettarlo in modi non esattamente carini (basti pensare a Nantas Salvalaggio), lui decide di dare alla gente quello che la gente crede che lui sia: mi volete scalcinato e lontanissimo dall’essere il fidanzato ideale per vostra figlia? Eccomi qua. Pur iniziando con la romantica – quasi scolastica – “Non l’hai mica capito”, qui si parla di roba forte, partendo dalla title track, dove l’osar sbattere su disco versi come “è andata a casa con il negro, la troia”, parrebbero esagerati anche oggi, figurarsi all’epoca. Eppure, eppure, nemmeno una sillaba di questa canzone sembra avere sconcezze fuori posto o, per intenderci, gratuite: Masini, ad esempio, non ci starebbe a dire niente. E’ un Vasco su di giri, che in “Susanna” riprende il tema della ragazza di provincia brava brava ma che in discoteca diventa un’altra, che in “Sensazioni forti” urla il suo “vogliamo godere godere godere” che è quasi il manifesto della sua epoca, ma che sa anche rallentare e raccontare pennellate rosa come solo lui, forse, sa fare. E’ la storia di “Anima fragile”, dove lo stridore tra il pianoforte e la sua raucedine sembra nato per essere tale, mentre diversa è “Tropico del cancro”, racconto della misteriosa sparizione di un paese di creduloni. Il genio però è in “Alibi”, storia di una rapina che, alla fine, porta in galera il rapinato: idee pazzesche, uniche nel panorama musicale di quegli anni, così come il mettere alla berlina il “Banana republic” di Dalla-De Gregori nella finale “Asilo republic”, punk rapido dove si spiega come evitare problemi in un giardino d’infanzia. A riaverlo, quel Vasco… (Enrico Faggiano)