recensioni dischi
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THE BEATLES  "Revolver"
   (1966 )

Con REVOLVER (primo in classifica anche in Italia) i Beatles abbandonano i luoghi comuni del beat, di cui hanno la paternità, per esprimere indubbiamente qualcosa di nuovo, di particolare. Diciamo subito che questo album non porta innovazioni dal punto di vista musicale generale. Non dimentichiamo che dall'altra parte dell'oceano Bob Dylan comincia a scrivere pezzi lunghi 15 minuti, veri e propri poemi in musica. Che Frank Zappa e le sue Mothers Of Inventions fanno un tipo di musica completamente fuori da ogni vincolo e schema predefinito. Insomma, la rivoluzione iniziata dai Beatles la stanno continuando altri. Loro si limitano (é un eufemismo, naturalmente) ad innovare la loro musica, a maturare il loro stile e la loro sensibilità, a crescere individualmente e come gruppo sotto il profilo artistico. La musica moderna l'hanno inventata loro. Non devono dare nessun'altra prova e ne sono consapevoli. ELEANOR RIGBY, con un testo sulla solitudine delle persone, è svolta musicalmente da un validissimo complesso d'archi che comprende viole, violini e violoncelli e ricorda le migliori composizioni classiche di Dvorak. Ora, in piena era beat può un qualsiasi complesso beat presentarsi con un disco che presenta simili contraddizioni così evidenti? Come si può introdurre strumenti medioevali nell'epoca delle chitarre elettriche ad alto voltaggio? Difatti non si può. Possono permetterselo solo i Beatles (subito imitati dai Rolling Stones, in verità), che hanno la possibilità di mettersi in discussione tutte le volte che vogliono, dettando le proprie leggi all'industria discografica mondiale, in affano nel rincorrere le idee dei quattro di Liverpool per adattarle ai comuni mortali. Sarà forse per questo che dopo ELEANOR RIGBY il mondo musicale viene invaso da canzoni tratte o ispirate a pezzi classici? Un nome su tutti, A WHITER SHADE OF PALE. Dicevamo di ELEONOR RIGBY: Paul all'inizio pensava di chiamarla MISS DAISY HAWKINS perché erano le prime parole che aveva pensato e cantato seguendo la melodia al pianoforte. Father McKenzie invece sarebbe nato come Father McCartney ma poi l'autore decise di cambiare il nome per non fare uno sgarbo al genitore, inserendolo in una canzone sul tema della solitudine. Allora lo cercò sull'elenco del telefono. Il primo nome con quel MC scozzese che entrava bene nella melodia fu proprio McKenzie. Riguardo all'origine di questo nome c'è anche un'altra versione. Il gruppo ed alcuni amici erano a cena a casa di John; dopo aver desinato si misero a vedere la tv. Lennon si stava annoiando e propose di fare un po' di musica. Paul prese la chitarra e cominciò a suonare quella che poi sarebbe stata ELEANOR RIGBY e Ringo diede qualche suggerimento inserendo la frase "Father McCartney, darning his socks in the night". Dopo aver scelto McKenzie invece di McCartney per la ragione di cui sopra Paul disse che non sapeva come fare a finire la canzone e un amico della band pensò di concluderla facendo in modo che la signorina Eleanor fosse sepolta dallo stesso Padre McKenzie. Due persone che continuano la loro vita insieme fino alla morte della meno longeva. Paul ha sempre detto che il nome Eleanor Rigby gli era venuto in mente dopo aver lavorato con un attrice inglese nel film HELP! che si chiamava Eleanor Bron. Rigby lo prese dall'insegna di un negozio di Bristol un giorno mentre aspettava la sua ragazza dell'epoca, Jane Asher, fuori dal teatro dove stava recitando. Il negozio si chiamava Rigby & Evans Ltd, Wine and Spirits Shippers. C'è invece chi dice che Paul fosse stato suggestionato da piccolo da una tomba del cimitero di Liverpool dove aveva visto una lapide intitolata ad una certa Eleanor Rigby morta nel 1939. Fatto sta che oggi esiste una statua a Liverpool dedicata ad Eleanor Rigby, in Stanley Street, scolpita da Tommy Steele come un omaggio ai Beatles e per ricordare tutte le persone che muoiono di solitudine nell'indifferenza del mondo che le circonda. In fondo, Eleanor e padre McKenzie sono due persone molto sole. Lui morrà senza avere mai avuto il conforto di vedere la sua vecchia e diroccata chiesa piena di gente. Lei continua a raccogliere riso per terra per partecipare indirettamente ad una gioia che non sarà mai la sua. Lui scrive prediche di notte che il giorno dopo leggerà in chiesa con nessuno che starà ad ascoltare. E quando Eleanor morirà al suo funerale ci sarà solo il vecchio prete con le mani sporche della terra scavata per la fossa della sua perpetua. Cosa si vuole di più da una canzone di due minuti e due secondi? Sul secondo lato del 45 giri c'è YELLOW SUBMARINE, scritta per i bambini. L'idea base di Paul fu che se un giorno avesse incontrato dei bambini intenti nel cantare questa canzone avrebbe raggiunto lo scopo prefisso. Perciò doveva essere facilissima ed orecchiabile. In assoluto non c'entrava niente con l'intero album REVOLVER, ma nella sua sconvolgente semplicità i quattro sono riusciti a farla diventare un piccolo capolavoro con tante di quelle trovate stilistiche, tecniche e musicali che sarebbe davvero impossibile elencarle tutte. La voce di Ringo viene raggiunta di volta in volta dal rumore del mare, dagli ordini dati alla truppa, dalla banda militare. Poi, siccome si vuole sempre trovare il male in ogni cosa, si è cominciato a dire che era una canzone dedicata alla droga perche nel Greenwich Village chiamavano yellow submarines le capsule gialle di Nembutal (Fenobarbital). E' la terza canzone cantata da Ringo dopo ACT NATURALLY e WHAT GOES ON nella storia della band. LOVE TO YOU ci fa conoscere un particolare tamburo indiano, la tabla, suonato da Anil Bhagwat (un'altra mania di George, invaso da tutto ciò che arriva dalle rive del Gange) e un'atmosfera magica data dall'aver chiamato a suonare la Northern London Asian Music Circus, un gruppo di musicisti indiani che operavano a Londra. FOR NO ONE, tipica composizione di Paul scritta in uno chalet immerso nella neve, affascina per la sezione di fiati presente, per il clavicembalo e per il corno suonato da Alan Civil. Descrive in modo elegante la fine di un amore. I'M ONLY SLEEPING è recitata da Lennon, sottolineata dal basso di Paul e dal sitar di George, che sembra quasi cantare, e insieme danno al brano un atmosfera esotica e sognante. TOMORROW NEVER KNOWS avrebbe potuto essere la colonna sonora di qualche film in stile Bollywood, cioè quelle epopee con gli indiani che durano 6-7 ore che vanno parecchio di moda ora. Siamo immersi nella Malesia e sembra di scorgere i thugs che minacciano con i loro kriss. E' uno dei pezzi più analizzati dell'LP. Lennon scrive il testo prendendo spunti da un libro che a sua volta si rifa' al "Libro dei Morti" tibetano. John voleva che la sua voce fosse simile a quella delle evocazioni del Dalai Lama in cima all'Everest. Filtrarono la sua voce attraverso un Leslie. Paul si occupò degli effetti speciali nella canzone, come il suono del volo degli uccelli simulato da una risata isterica incisa su nastro della quale poi modificò la velocità. SHE SAID SHE SAID altro brano scritto da John pensando all'acido preso a Los Angeles. Un altro brano, che avrebbe potuto essere stato benissimo scritto anche dieci anni dopo, è il funkissimo GOT TO GET YOU INTO MY LIFE non a caso ripreso poi da grandi gruppi soul quali gli Earth Wind & Fire. Paul voleva raccontare la sua esperienza fatta con la droga, le sue percezioni allucinate sotto l'effetto di acidi, di "un altro tipo di mente": "I was alone I took a ride, I didn't know what I would find there, another road where maybe I could see another kind of mind there". Anche se le motivazioni possono sembrare discutibili, la canzone è bellissima, con tutti quei fiati tirati a lucido che pompano alla grande. Lo stesso giorno dell'uscita dell'album REVOLVER un gruppo inglese prodotto dallo stesso Paul (Cliff Bennett and the Rebel Rousers) ne fanno una cover. Citiamo solo il resto dei brani (per mancanza di tempo e spazio) GOOD DAY SUNSHINE, TAXMAN, AND YOU BIRD CAN SING, DOCTOR ROBERT (altro brano legato alla droga), I WANT TO TELL YOU. (Christian Calabrese)