recensioni dischi
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KILLING JOKE  "Night time"
   (1985 )

La differenza, poi, è solo questa. Ora, i soggetti un po’ strani si limitano a farsi beccare dai fotografi mentre tirano coca o vanno a fare la spesa in vestaglia. All’epoca, vaticinavano di fine del mondo e davano davvero l’idea di avere turbamenti interiori e non solo un due di picche dalla supermodella del momento. Jaz Coleman e i suoi Killing Joke, tra una cosa e l’altra, hanno dato il via a tanti generi musicali successivi, diventando punto di partenza di tanta roba industral-rock e alternativa che si sarebbe poi sentita. Lontani dal mainstream per quasi tutta la loro carriera, solo una volta riuscirono – o si trovarono loro malgrado, dato che è difficile credere che il loro sogno fosse di andare a “Top Of The Pops” – a spezzare le linee di sbarramento delle classifiche. Avvenne con questo “Night time”, dove i ritmi straziati dei primi lavori vennero addolciti da ritmi malinconici e dark, andando a trovare facile ostello nei cuori di chi era rimasto orfano dei Joy Division, e da chi non era particolarmente convinto della svolta “Lovecats” dei Cure, per intenderci. Il video di “Love like blood” divenne parte integrante delle rotazioni televisive, anche se le immagini non erano esattamente quelle dei Duran Duran. Tutto l’album è un corpo unico, che spazia dall’iniziale titletrack agli inni di “Kings and Queens” o “Darkness before dawn”, o all’inquieta “Europe”. Ma, soprattutto, alla conclusiva “Eighties”, brano che avrebbe avuto un ritorno alle cronache anni dopo, quando i Nirvana fecero il più classico dei copia-e-incolla del riff di chitarra per inserirlo nella loro “Come as you are”: non ci furono denunce ufficiali per plagio, solo degli “aggiustamenti” extratribunale, ma la scopiazzatura era palese, a prova di come i Killing Joke fossero stati davvero dei padri fondatori. Comunque, dopo questo successo, i KJ sarebbero potuti diventare i nuovi paladini della musica dark, ammesso che nei tardi anni ’80 ci potesse essere un panorama oscuro: Jaz invece – che nel 1982 era scappato in Islanda in previsione dell’Apocalisse – preferì mantenere un ruolo defilato nel mondo delle rockstar, forse perché non preparato a diventare un’icona come era successo ad altri. Ed è ancora vivo e vegeto, tra opere teatrali in Oceania e dischi del suo Scherzo Assassino. Ma gente come lui, oggi, ci manca davvero. (Enrico Faggiano)