recensioni dischi
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DANIELE LUTTAZZI  "Money for dope"
   (2005 )

Ogni volta che ascolto questo disco, mi sento come potrebbe sentirsi uno studente al primo anno di Astronomia nell’abitacolo di uno Space Shuttle. La mia ignoranza in materia di musica è abissale ed è appena compensata dalla curiosità e dalla voglia di sapere. Correva l’anno 2005, ed era primavera inoltrata quando mi fiondai allo stand allestito da Feltrinelli dove sapevo che Daniele Luttazzi avrebbe presentato il suo “Money for dope”. Mi ricordo che fu la sola occasione per conoscerlo di persona e farmi fare un autografo che campeggia ancora ai lati della copertina: “A Vittorio con simpatia, Daniele Luttazzi”. Al centro, in mezzo alle scritte, una foto giapponese anni ’60 di un albero, una sorta di ipsilon dalle braccia strette e nere su sfondo bianco. Aprendo la copertina, ritrovo la stessa foto, ingrandita e capovolta di 90 gradi verso destra che fa da sfondo a tutti i testi delle dieci canzoni contenute nell’album. Sulla sinistra, una breve introduzione al significato del disco scritta dall’autore. Scopriamo così che l’album narra la storia di un’amica di Luttazzi morta di overdose, e che l’intento è ricostruire alcuni momenti della sua vita facendone un musical elegiaco; per capire che cosa si intende per “elegiaco” basta ricordare l’elegia greca, una composizione poetica recitata su un accompagnamento musicale (di solito il flauto), dal tono oggettivo (è importante: oggettivo, cioè senza o con scarso coinvolgimento di chi recita), anche nei casi in cui veniva utilizzata la prima persona singolare: infatti il cosiddetto ''io lirico'' è normalmente la “maschera” che parla a nome di una collettività, collettività in cui l'esecutore chiede di immedesimarsi. Daniele Luttazzi chiede all’ascoltatore di immedesimarsi nella società e nella situazione del periodo: fine degli anni ’70, arrivo dell’eroina sulla riviera romagnola, un’intera generazione falcidiata dalla droga. Il risultato è un’opera, “Money for dope”, di cui si potrebbe realizzare tranquillamente una trasposizione teatrale da portare a Broadway. “Money for dope” ha avuto una gestazione ventennale: si passa dal primo pezzo, “Silence”, datato 1979, agli ultimi del 2003. “Silence” è un mix riuscito tra pop e new wave che cattura subito l’attenzione. La tracklist prosegue con la surreale “Vienna, Vienna”, dove si parla di una gita scolastica a Vienna, con riferimenti a Kafka, e l'arrangiamento è un ritmo sudamericano che mette addosso una gran voglia di ballare. Il testo è serio e la canzone la mette in burletta, come a dire: non prendiamoci troppo sul serio. È una tecnica satirica, che l’altro Daniele Luttazzi, il comico, conosce alla perfezione. Capita anche in un’altra canzone, “I can’t stand it”, dove si narra l'avvento della disco music, genere che spazzerà via il dolore del passato (l'eroina), ma che col dolore porterà via anche la verità, per instaurare quella cosa finta che sarà l’edonismo anni ’80 (notevole, in questa traccia, la presenza al piano di Giampiero Grani e il suo assolo con una vecchia tastiera d’epoca recuperata per l’occasione). Con “Doom” invece si esplorano sonorità nuove: “C'è un giro armonico che ho realizzato a tavolino, specificamente: è un giro armonico che non esiste in natura, non è mai stato utilizzato, ed è una bella novità credo”, dice Luttazzi. Ma la vera chicca del disco è il pezzo finale, “Money for dope”: improvvisamente i toni scherzosi si spengono, i fiati si acquietano. E la fotografia dell’albero giapponese che trovi all’interno del booklet (quella rivolta sul lato) con il suo snodo finale, allude adesso al vero tema dell’album e un po’ si spiega a chi non l’aveva capito: l’albero mostra le sue vene. Oltre alla canzone, commovente (“dragging”, per fare i fighi), guardatevi su YouTube il video che Giovanni Scarfini ha realizzato apposta per “Money for dope”. Un disco questo che merita tutta la vostra attenzione appassionata. Io, nella mia ignoranza, ad ogni ascolto imparo qualcosa di più, estendo le mie conoscenze in materia. Segno che si tratta davvero di “un vino denso e ricco di gradazione alcolica”, che non puoi buttare giù in un sorso. Chissà che non riesca ad arrivare sulla Luna anche una matricola di Astronomia, un giorno. (Blue - Vittorio Tovoli)