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JOAN AS POLICE WOMAN  "To survive"
   (2008 )

Con la pubblicazione, due anni fa, dell’album ''Real Life'', Joan Wasser, in arte Joan As Police Woman, si è affermata in Europa e USA come una delle voci più innovative ed intriganti del panorama internazionale. Polistrumentista e cantautrice, Joan è stata immediatamente recepita, anche nella dimensione live, come una delle realtà più originali del panorama colto americano. Attesissimo dalla migliore critica, è uscito a giugno 2008 “To Survive”, il suo secondo lavoro, che l’artista ha portato in tournée europea a partire da maggio e per tutta l’estate. L’album si è dimostrato all’altezza delle aspettative e il successo di Joan si è consolidato molto rapidamente, tanto che un secondo tour autunnale è stato organizzato per far fronte alle numerose richieste. Il suo nome da palcoscenico può intimorire, ma é in effetti un po’ fuorviante per quelli che ancora non conoscono l’atmosfera meravigliosamente intima della sua musica. Quando Joan Wasser si è reinventata come artista solista, dopo una vita spesa a suonare in band o sui dischi di persone più famose, un amico le ha detto che assomigliava un po’ a Angie Dickinson, star della serie TV americana anni ’70 ‘Policewoman’. “Era un po’ come le Charlie’s Angels, ma più diretto, con meno fronzoli”, spiega Joan. “E quando ho iniziato questa sfida con me stessa e cominciato a fare musica da sola, mi sentivo un po’ così, pronta a provare tutto”. Una tosta poliziotta nello spirito, forse, ma non certo nel modo in cui suona. Questo fenomeno musicale dalle mille capacità che risponde al nome di Joan Wasser (violinista con basi classiche, punk rocker di strada, aficionada dell’old soul, diva vocale) non suona certo come una dura, e non suona nemmeno in modo convenzionale. Come dice lo slogan sul suo sito web, ‘Beauty Is The New Punk Rock’. La missione della poliziotta Joan é quello di trovare modi originali e sempre più convincenti di arrivare al cuore della gente. “Provo sempre a scavare a fondo nell’esperienza emotiva”, dice. “Quando scrivo il mio scopo è quello di accedere all’essenza più pura che trovo, distillarla e presentarla in un modo che abbia senso musicalmente”. La distanza tra il primo album di Joan As Policewoman e il suo secondo rappresenta perfettamente questa distillazione. ''To survive'' è una raccolta di canzoni che ha scritto prevalentemente nell’ombra della battaglia di sua madre contro il cancro, battaglia terminata con la sua morte l’anno scorso, ed è incentrato su Joan come pianista e cantante. Le chitarre sono mixate sullo sfondo e nel flusso delle melodie si nascondono perfettamente alcuni ganci pop. “Sono diventata ossessionata con il togliere cose, lasciando solo gli elementi più potenti”, dice Joan. “Ora sono più per l’armonizzare, l’integrare in modo sottile. Voglio essere abbastanza coraggiosa da sentire ed esprimere il più possibile, e questo per TUTTE le emozioni, come in un mosaico”. Joan Wasser non ha mai smesso di studiare. Ha iniziato col violino alle elementari e poi continuato con la musica al college di Boston. E’ qui che ha imparato ad amare le armonie più insolite dei grandi compositori moderni, Shostakovitch, Bartok e Sibelius. Ma non ha mai voluto fossilizzarsi sul suonare musica che era già stata portata alla perfezione da qualcun altro. “Suonavo spesso pezzi composti dai miei insegnanti, che mi piacevano soprattutto perché c’era spazio per l’interpretazione, e perché non erano stati già suonati milioni di volte”. Dopo la laurea Joan inizia a suonare con una serie di gruppi art rock, a cominciare dai Dambuilders. Quando entrambi i suoi violini vengono rubati dopo uno show, trova una viola customizzata a 5 corde in un negozio di seconda mano. “Mi piaceva per l’emozione che esprimevano le sue corde più basse. Se non dovessi mai più suonare note alte sul violino ne sarei felice”. Joan si é intanto guadagnata una reputazione considerevole sulla scena rock alternativa della East Coast come turnista: ha lavorato con Lou Reed su ‘The Raven’, con la band di Hal Willner per il suo tributo a Leonard Cohen, é stata la direttrice musicale del tributo dello stesso Hal Willner a Neil Young, ed é parte integrante della formazione iniziale di Antony And The Johnsons, un altro passo importante nella sua curva di apprendimento. “Avevo suonato musica molto rumorosa per molto tempo, e suonare con loro è stato come tornare alla musica da camera, ad uno spazio dove c’era posto per la dolcezza e la sensibilità”. All’inizio del 2000, Joan diventa un membro full time della band di Rufus Wainwright. “Mi spingeva ad usare la mia voce in mille modi diversi, ed era molto specifico sul timbro di seconde voci che voleva. Esibirsi con Rufus era come fare esercizio per due ore e mezza. Davvero intenso, mi ha insegnato a fare attenzione ai dettagli”. Il momento cruciale per quello che sta per accadere arriva quando Rufus Wainwright invita Joan ad aprire i suoi show con un piccolo spazio solista. Joan registra il suo primo album a intermittenza, durante il suo tour con Rufus. Una delle canzoni più belle, ‘I Defy’, é un duetto con, e su, Antony Hegarty. Con la partecipazione di molte sue vecchie conoscenze, ‘Real Life’ viene registrato al Trout Recordings, uno studio di Brooklyn gestito dal produttore Bryce Goggin, che crede fermamente nel vecchio equipaggiamento analogico. E anche Joan ha come intento quello di catturare il suono del suo trio quando suona dal vivo: “Per me la musica é gente che suona insieme, non la manipolazione di suoni su Pro-Tools”, dice. “E’ un esibizione, non un processo”. E’ quando Tom Rose vede Joan aprire per Rufus alla Birmingham Symphony Hall che la sua carriera solista prende il via. Tom stava considerando la possibilità di aprire un’etichetta, ora REVEAL Records, e Joan è una folgorazione. Subito dopo l’uscita del primo singolo, ‘The Ride’, Joan ha già mandato in delirio la critica di tutta l’Europa. Il pubblico britannico è il primo ad accorgersi di lei, ma gli altri seguono molto rapidamente. Il suo ricordo più vivido dell’affetto del pubblico dimostrato dopo l’uscita di ‘Real Life’ è un concerto che Joan As Policewoman ha tenuto a Belgrado: “Tutti sapevano tutte le parole e cantavano con me. E’ stato incredibile”. A causa delle sue radici classiche ed europee, ma soprattutto perché é irresistibilmente attratta dal fare le cose in maniera “diversa”, Joan é contenta di essere qualcosa come una star di culto qui e di rimanere relativamente sconosciuta negli States. “Adoro New York, e adoro Brooklyn, che è ancora il posto dove vivo”, dice, “ma non amo TUTTI gli Stati Uniti”. In effetti Joan da voce ai suoi timori sull’America in una delle sue più belle canzoni del suo nuovo disco ‘To Survive’: originariamente ispirata dalla sofferenza di sua madre, ‘To America’ si è tramutata in una riflessione sulla corruzione che Joan vede abbondantemente nel suo Paese. “E’ come se l’America stessa fosse arrivata alla fase terminale di un cancro, con tutti i soldi che sono stati destinati alla ‘protezione’ della nostra ‘sicurezza’”. Anche se ha recentemente suonato ad un concerto di beneficenza per Barack Obama, Joan Wasser insiste che non è una cantautrice di protesta. “Quello che scrivo parla delle mie relazioni e dei miei sentimenti, e uno di questi sentimenti é la rabbia di fronte all’impotenza che provo di fronte alle orribili scelte del governo americano. Ma prima di tutto, sono una che ama”. ‘Holiday’ è una delle molte canzoni sul nuovo disco che documenta quell’euforia da “vivi il momento” di un nuovo amore. Altre, come ‘Magpies’, che quota la sua omonima Giovanna d’Arco, sono assolutamente non incasellabili in una definizione, ed è Joan stessa a spiegarla: “Quando ero in Inghilterra mi sono innamorata di questo animale meraviglioso, la gazza, potente, determinata, e abbastanza viziosa. E’ una canzone che parla di come affronto le mie paure”. La title track racchiude al meglio il tono generale dell’album. Una magica ballad al pianoforte, ‘To Survive’ è stata ispirata da una ninna nanna che la madre di Joan le cantava, quando era bambina, per scacciare la sua paura ricorrente, quella di essere bruciata in un rogo come l’altra Joan. “Sento ancora quella paura qualche volta, ora che sono adulta”, dice Joan criptica. “E non voglio nasconderlo, questo sentimento, o far finta di non darvi importanza. Perché dovrei? Tutto quello che faccio viene dal mio cuore”.