EL TOPO "Pigiama psicoattivo"
(2008 )
Ci sono sempre atroci rischi, oggi come ieri, nel cercar di infilare nelle orecchie di un ascoltatore un album completamente strumentale. Quello, ovvio, di diventare noiosi, o di eccedere nell’esercizio di stile, o anche semplicemente quello di essere utilizzati come semplice sfondo per altre cose: diventare cioè musica da sottofondo, quasi biodegradabile, se vogliamo dirla chiaramente. Ovvero: inutile. Per evitare il rischio, ci vuole la capacità di non farsi prendere dalla passione per i propri strumenti, ricordare che al di là delle casse c’è un ascoltatore, e dare spunti per mantenere l’attenzione dal primo all’ultimo minuto di esibizione. Qui l’impresa riesce, a grandi linee, in un discreto coacervo di stili che va dal jazz-funk all’elettronica, evitando pure e semplici lotte tra strumentisti per provare chi è più bravo, e si arriva alla fine dei 45’ del disco senza, come può capitare in certe occasioni, guardare il timer del cd sperando che i secondi corrano veloci. Definito “post rock”, e con un titolo scelto “perché ha fatto ridere l’impiegata SIAE”, questo genere viene supportato, dal vivo, da un collettivo di videoartisti (Neumax) a supportare l’inevitabile mancanza di un centro di gravità permanente quale la privazione di qualsiasi vocalizzo, verbale o corale che sia. Si ascolta, si può guardare insomma, senza arrivare allo sbadiglio tipico di chi non è abituato a questo genere, e se ne deve apprezzare comunque il coraggio, con il cross-over che rende i suoni discretamente avvezzi ad ascoltatori provenienti da varie zone del mondo musicale. Servirebbe forse un ulteriore step per rendere la fruibilità ancora più semplice, così come l’apprezzare il lavoro di produzione che c’è dietro a questo pigiama: dire “metteteci una voce” potrebbe sembrare superficiale, per cui eviteremo il concetto, anche se darebbe una ulteriore profondità all’ascolto. Prendere o lasciare, insomma. (Enrico Faggiano)