MODERN TALKING "Alone (The 8th album)"
(1999 )
Almeno questo, fatemelo recensire. Allora: i Modern Talking si erano clamorosamente riuniti, nella gioia del popolo germanico che vedeva di nuovo in connubio gli Al Bano e Romina d'oltralpe, e nella gioia di un pubblico che - soprattutto nell'est Europa - spesso faceva la coda nei negozi di dischi in attesa di qualsiasi cosa uscisse a nome della Premiata Ditta. C'era stato un "Back for good" a dimostrare come, marchi scellini o rubli che fossero, il mercato ancora li amava; ora, serviva semplicemente vedere fino a che punto tirare la corda prima di impiccarcisi, così come era successo negli anni '80. Quando incisero sei album nel giro di due anni, ripetendo all'infinito la stessa formula, e chiusero dall'avvocato divorzista per una Nora (la Yoko Ono teutonica) a dividere la coppia. "Alone" fu il loro primo lavoro di soli inediti dal 1987 e, dato che non era più possibile far uscire due dischi all'anno, decisero di fare tutt'uno, riempendo ogni spazio del cd con la loro musica: una ventina di canzoni, tutte rigorosamente uguali. A partire da "You are not alone", singolo d'esordio, per passare poi dalla nemmeno tanto malaccio "Sexy sexy lover", che ripercorreva le tracce delle varie "Cheri cheri lady", "Wild wild water" e titoli riciclati. Poi si andava avanti in progressione matematica: due pezzi veloci e un pezzo lento, due veloci e uno lento, dove non serviva nemmeno tanto orecchio da Sarabanda per notare qua e là citazioni, plagi, che spesso si palesavano anche negli stessi titoli. E, dato che il ferro si batte finchè è caldo, scoprirono che tanto male non era andata, l'anno prima, nell'infilare una voce rap (quella di Eric Singleton) a dar nuova linfa alle vecchie glorie da classifica: così non solo ogni nuovo singolo e video venne irrorato da queste "rap version", ma - per non sprecare nemmeno un minuto di cd - venne incluso anche uno "Space Mix" dove, in una ventina di minuti, Singleton cavalcava una specie di greatest hits dei Modern Talking che furono, intervallato ogni tanto dal buon Thomas Anders che ripeteva gli antichi ritornelli. Mai un medley fu più facile da proporre, dato che gli originali erano talmente uguali tra loro da rendere quasi impossibile, a chi non fosse un fan del duo, capire che NON si trattava dello stesso pezzo trascinato all'infinito. E, per aumentare il trash della situazione, cambiarono anche le copertine dei dischi: se prima c'erano architetture grafiche anche carine a vedersi, ora il duo preferiva mettersi in posa, spaccando gli zoom dei fotografi con i loro dentoni e con le loro pose plastiche. Mancava solo che allungassero la mano per dire "cacciate fuori i denari", e il quadro era perfetto. Sarebbe andata avanti ancora per qualche anno, con formula sempre uguale, prima che la corda si spezzasse di nuovo. (Ah: come detto già in altra recensione. Non accusatemi di odiarli, dato che sono forse l'unico cultore della band nato a sud del Brennero. Però, amarli non vuol dire non essere obiettivi...). (Enrico Faggiano)