recensioni dischi
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BOY GEORGE  "U can never B 2 straight"
   (2002 )

Quello che sarebbe potuto essere, se ormai il suo nome non fosse diventato sinonimo di macchietta, e senza nemmeno l’indulgenza dovuta ai monumenti. Era tornato in classifica con i Culture Club, e stava felicemente organizzando i festeggiamenti per il ventennale del suo gruppo, ma voleva continuare ad essere se stesso: si era divertito nel trashissimo musical “Taboo”, e stava dimostrando di poter fare qualsiasi cosa. Peccato che, a parte il suo ristretto giro di fedelissimi, nessuno avesse voglia di approcciarsi a lui, per non rischiare le pernacchie. “Musica!”, all’epoca dell’uscita di questo disco, scrisse “se avrete il coraggio di portarvi a casa un disco di Boy George, questo merita”, per farvi capire che aria stesse tirando. Qui c’è di tutto, l’esatto Bignami per spiegare ai non adepti e ai non prevenuti che, dietro il mascara, c’era un artista: “Ich bin kunst (I am art)” diceva lui, in esordio, e poi mostrava versioni acustiche di suoi pezzi da solista – soprattutto quelli più intimi – unite ad inediti, altri unplugged, fino ad una ghost track che, nel titolo, sembrava davvero essere una sentenza. “Out of fashion”, infatti, andava a chiudere quello che è, ad oggi, l’ultimo album di Boy George, in un comunque mostruoso arcipelago di collaborazioni, remix, inediti sparsi qua e là tra vari pseudonimi, e tanta altra roba da far dire “se non riesci più ad entrare in classifica te lo meriti anche un po’, ecco”. La cosa strana è che, malgrado la carriera lo abbia portato ad essere divo da discoteca (cercatevi qualcosa a nome di The Twin, o più facilmente le ottime prove come vocalist per i Faithless in “Why go” o per Sash! in “Run”), quando c’era da andar di album preferiva sempre la sua versione più intima e, forse, più complicata da assimilare. Ma un occhiata la merita, anche se non vi mettete il rossetto e la parrucca viola prima di andare a fare la spesa. (Enrico Faggiano)