BOY GEORGE "Cheapness and beauty"
(1995 )
Sperduto nei meandri dei mille pseudonimi con cui pubblicava robe più disco-directed ("Jesus loves you" era quello più famoso, ma ce n'erano anche molti altri), e ormai rivolto più al mondo dei dj che non a quello dello show-biz, il suo nome faticava a restare a galla: c'era stata una "The crying game" qualche anno prima, colonna sonora de "La moglie del soldato" a rimetterlo per qualche settimana in classifica, ma di album non se ne parlava. Poi arrivò questo, ennesima prova di come Giorgino nostro si divertisse a fare tutto e il contrario di tutto: quasi recuperando le sue antiche origini punk, "Cheapness and beauty" partiva con chitarre tirate al massimo, fin dall'esordiente cover di "Fun time" e adiacente video dove George sembrava una via di mezzo tra Marylin Manson e i Prodigy, e tutto un lato A dove si pompava di brutto. "Satan's butterfly ball", "God don't hold a grudge" erano materiale per pogare, e la gente non poteva non chiedersi se lo era, o lo faceva. L'inversione di tendenza arriva poi pezzo dopo pezzo, dall'eccellente lento "If I could fly", per poi prendere il largo andando ancora avanti. "Same thing in reverse" era una dichiarazione di pari opportunità che sarebbe potuta diventare colonna sonora degli spot per i matrimoni gay ("e la stessa cosa al contrario, niente più niente meno"), mentre altrove arrivavano paroline d'amore al veleno per un partner dell'epoca. Che non la prese tanto bene dato che, come classica trama di "In & Out", aveva fidanzata non al corrente del vizietto. Ma lui era fatto così: fin troppo trasparente e loquace, e peccato che la sua autobiografia, "Take it like a man", non sia stata tradotta e pubblicata anche in Italia. Ci sarebbe stato da divertirsi: come popstar da MTV era ormai tramontato, ma di cose da dire ne aveva ancora tante. (Enrico Faggiano)