LOVE AND MONEY "Strange kind of love"
(1988 )
Il pop britannico cominciava a far fatica, in un momento in cui Stock Aitken e Waterman dettavano fin troppa legge, appiattendo il sound ad una unica, infinita canzone, e al di fuori c'era la confusione tipica dei periodi di mezzo. Stava finendo l'epoca dei Duran, dei singoli fini a se stessi, e la gente stava cambiando idea. Non tutto però era da buttare, e anche in un momento di difficoltà si potevano trovare dei gioiellini. Come quello di questi scozzesi, capitanati dalla banana retrò di James Grant, che sulla base di un, diciamo, adult-oriented-pop ci avevano già fatto un buon album d'esordio ("All you need is Love and Money", 1986), e che alla seconda occasione trovarono la quadratura del cerchio. Arrotandosi attorno ai suoi ritmatissimi giri di basso e chitarra, buttando in mare tutto quello che ci poteva essere di sofisticato e sintetizzato - perchè gli anni 80 avevano roba per palati fini, anche per gli allergici all'elettronica -, il Grant conduceva i suoi fratellini a pezzi di immediato ascolto, cuccagna per le radio che volevano un po' di quiete dall'acid che imperversava: "Halleluiah man" spopolo', e anche se non c'era l'immediatezza (o anche l'avvenenza erotica) per diventare roba da poster, chi provò ad andare oltre l'antipasto non se ne pentì. C'erano lenti che sarebbero piaciuti a Sade ("Shape of things to come"), altri passaggi caratterizzati da una sottile malinconia autunnale ("Jocelyn Square", o la stessa title track, o l'ottima "Avalanche"), e non ci annoiava mai, dato che il rischio classico di certi prodotti raffinati, ovvero la troppa autoindulgenza nel volersi rispecchiare nella propria classe, era comunque altamente sopportabile. Disco da sentire in treno, o in macchina, quando il traffico è tanto, i semafori sono colpevoli, ma dare questa musica in pasto all'autoradio dava comunque un senso al tutto: "Up escalator", ad esempio, valeva la pena della sosta al rosso. Peccato che la favola non ebbe un seguito: arrivarono anche altri lavori, nei primi '90s, ma l'ispirazione era venuta meno. Magari, fossero nati qualche anno prima, avrebbero avuta la stessa critica positiva di tante altre operazioni simili (da Matt Bianco a Style Council, per intenderci): nel 1989, invece, si doveva solo cercare di sopravvivere. (Enrico Faggiano)