recensioni dischi
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DEAD OR ALIVE  "Nukleopatra"
   (1995 )

Avete presente un working progress? O meglio, avete presente il caos più totale? Bene. Vi servirà, per approcciarvi a questo disco. Riassunto: loro esplodono negli anni 80, con una canzone ("You spin me right round baby right round", ripetuto all'infinito e anche più) e soprattutto con l'immagine di Pete Burns: pirata sadomaso che, mentre magari Boy George vi sussurrava frasi dolci dolci, preferiva frustare - e farsi frustare - le chiappe. Poi però le cose iniziarono a cambiare, e la stella si spense, anche perchè Pete decise di non fare più l'icona pop, ma di trasformarsi in Cher: MTV non apprezzò, bocciando i suoi video e disinteressandosi di quel che il fanciullone poteva voler dire. Misteri della fede: rinnegato in Europa, il marchio Dead Or Alive continuò ad andare forte in Giappone, dove leggenda vuole che Michael Jackson fu costretto a rinviare il suo tour per non intralciare le date live - playback, a dire il vero - di Pete Burns e amichetti. La discografia diventa quindi macchinosa, complessa, difficile da seguire: si racconta di un "Fan the flame", dove i ragazzotti si dedicarono anche a robe acustiche, e poi questo "Nukleopatra" (che ne comprendeva un po' di roba, dato che oltre Tokio nessuno lo aveva sentito). Che ci mise un bel po' ad arrivare anche a ovest, cambiando ad ogni ristampa foto di copertina, tracklist, e dimensioni dei labbroni. Sempre più inquietante, specie per un pubblico non facile alla digestione dei transgender, ma curiosamente fedele ad un discorso musicale che non era mai stato abbandonato: bpm a palla, tastiere in perfetto stile anni '80, per una dance gaia che più gaia non si poteva. Ma starci dietro non era per niente facile (meglio comunque che averlo, dietro, il Pete nostro): in Italia ebbe anche un discreto momento di revival, quando vocalisteggiò nel progetto Glam per una "Sexdrive" di buon appeal, ma attorno era davvero difficile capire cosa ci fosse. Tanto che l'album, ri-ri-ri-ri-ristampato e ri-ri-ri-ri-ricopertinato, sarebbe arrivato solo di importazione (e nemmeno a buon prezzo) qualche tempo dopo: con l'ennesimo remake di "You spin me round", una imbarazzante cover di "Rebel rebel", a prova che gli venivano meglio gli originali ("International thing" e la titletrack, in primis, ma anche "Gone too long" e "Unhappy birthday") che non altre cose. In Giappone ne andavano matti: da noi sarebbe rimasta roba per acculturati in materia. (Enrico Faggiano)