SANDRA "Mirrors"
(1986 )
Il mondo del pop anni '80 era fatto di grandi successi a 45 giri, e chi nasceva come eroe da singolo era quasi esentato, crediateci o no, ad avere credibilità su album. Ma, d'altra parte, con un sette pollici ci si poteva ancora vendere tanto da mettersi a posto per un bel po', e questo equivoco colpì sia prodotti obiettivamente di poco valore come anche i Depeche Mode, che ci misero un bel po' prima di farsi capire del tutto. Figuratevi lei, che in quei giorni stava dominando le classifiche, sull'onda lunga delle Marie Magdalene dell'anno prima: arrivarono altri singoli, sebbene le numero uno erano diventate numero due, a partire da "Innocent love", "Hi hi hi", o quella "Midnight man" nel cui video appariva anche il futurmarito. A frotte, a grappoli, nel più classico degli usa e getta, mungendo la mucca oggi senza pensare al domani. D'altra parte, con i ritmi forsennati di quei tempi, e la necessità di non uscire mai di classifica, ci stava che si potesse cadere nella ripetitività e nella ricerca, più che altro, della replica di una formula che era riuscita così bene. Sandra lavora bene, come punta di diamante di un gruppo di collaboratori che passa dal suo Michael Cretu agli Hubert Kah (perchè era un gruppo, non un singolo), e l'album è un buon corollario agli amanti del genere, che a metà anni '80 spopolava in Germania ma che, anche al di fuori, un po' di mossa ce l'aveva. Più forma che non sostanza, a dire il vero: per adesso poteva andare bene così, la sostanza sarebbe cominciata ad arrivare successivamente. Ma, all'epoca, con tutti i suoi singoli (se volete andare oltre, nell'album c'è un'ottima "Don't cry", ispirata al dramma di Chernobyl), poteva sguazzare tranquillamente. (Enrico Faggiano)