recensioni dischi
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TEARS FOR FEARS  "The hurting"
   (1983 )

Sembravano uno di quei mille progetti che nasceva attorno ad un sintetizzatore e poco altro, ma negli anni 80 hanno raccontato la storia di chi, andando controcorrente (poca produzione e, soprattutto, nessuna velleità di apparire in qualche poster o in qualche gadget, per un look del tutto insignificante) alla fine nella storia, del pop, ci è rimasto. E tutto nacque da questo disco, che all’apparenza potrebbe sembrare il classico album dei primi anni 80, con un sintetizzatore e un basso e poco altro attorno, ma che se dopo trent’anni rimane nel cuore dei loro fans, forse anche di più dei milionari dischi successivi, un motivo ce lo avrà. Perché “The hurting”, al di là della superficiale semplicità, è una seduta psicanalitica, quasi a voler mettere su disco i traumi adolescenziali – poi ci sarebbe da chiedere, a Roland Orzabal, cosa gli possa essere successo in gioventù – e rendere la cosa sia monetizzabile che, soprattutto, condivisibile. Qualcuno lo ha paragonato alle prime cose da solista di John Lennon, dove l’obiettivo era lo stesso: togliersi i fantasmi dall’anima, urlarli dentro un disco ed imbottigliarli. Non si sa se la missione taumaturgica sia andata bene, ma il lavoro di certo lo è stato: di grandi vendite in Britannia e poi successivamente riscoperto ovunque, passa da titoli al cui confronti Masini sembra Sbirulino (“Mad world”, “Watch me bleed”, “Pale shelter”, “Suffer the children”) ma con una raffica di singoli che prima ti fanno ballare e poi, una volta capito di cosa si parla, ti fanno fermare e magari appoggiare le mani sulla faccia proprio come la, già di per sé promettente, copertina. Qui ci sono i traumi dell’adolescenza (“è un sogno orribile, e sto rapidamente annegando”, l’allegro primo verso del disco), e di fatto potrebbe essere un disco di quelli evergreen, perché i ragazzi, quei problemi, li hanno avuti tutti. Magari non da consigliare per chi ha aspirazioni suicide, ma sarebbe poi bastato uno “Shout”, due anni dopo, per buttare fuori tutto e ripartire. Comunque, per chi vuole convincersi che il pop anni 80 non era solo rimmel e belle facce da sbattere contro una telecamera, questo è indispensabile. (Enrico Faggiano)