JOLAURLO "InMediataMente"
(2008 )
Per superare il periodo di crisi che da anni investe il cosiddetto rock alternativo, possono ben valere le produzioni d’impronta televisiva o radiofonica, con le loro soluzioni da classifica. Altra soluzione è invece fare un buon album, dirompente, e proveniente dal basso, dal live, non viceversa. E’ questo, meglio dirlo subito, il caso di “InMediataMente” dei Jolaurlo: un album immediato nel vero senso del termine, che dopo i primi tredici secondi (e quanto vale in musica un buon attacco), ha già proiettato se stesso e la sua cifra nelle orecchie di chi ascolta. Sentire “Periodo di crisi” per credere: una ballata spudoratamente live, comandata dalla linea di basso, su cui la voce di Marzia Stano, la cantante-leader della scalmanata banda della strega Jola e dell’urlo di Munch, attraversa in equilibrio precario il bosco elettrico degli effetti dei synth. Il resto scivola via, sulla coda elettronica di “Immediatamente”, la melodia di “Danza infernale” attraversata da chitarre dolciastre e clamore di piatti, la (de)filippica cospirazione di “Maria Televisione”, o “In movimento”, dominata dal suono di batteria satura e dalla drum machine. Canzoni in perenne studio creativo, che scivolano su utili ricerche 99possiane (vedi “Poesia inutile”) e giochi con il reggae (in “Finirà”), aprendo quasi sempre a ritornelli graffianti e code da ballo e traccia nascosta (che infatti c’è). Un disco perennemente in bilico fra i generi, perciò, alla costante ricerca della sua parte migliore. Che è chiaramente la sinistra, ammettono loro stessi, ovvero quella del bricolage creativo. Spazio quindi ai giochi incrociati di sintetizzatori e distorsioni liquide, con la batteria che spunta a tenere il timone ben saldo sul rock, e un basso che risulta fondamentale nel crescere corposo di ogni brano. Dove stanno andando i Jolaurlo? Chi li ha già ascoltati in uno dei tanti concerti fatti negli ultimi anni, se lo sarà già chiesto. Di certo, però, “InMediatamente” è un disco capace di indicare la propria strada e, per contrasto, quella del collettivo musicale barese-bolognese. Li dipinge, ovvero, per quello che sono: un’alcova eterogenea, confusa e felicemente instabile. Un gruppo profondamente post-studentesco, post-fuorisede ed ormai per niente acerbo, formatosi per anni nel sottobosco della musica dal vivo dei locali italiani: niente esposizione mediatica o spinte top-down, piuttosto un lento cuocere sotterraneo, gonfiato dal contatto primordiale col ballo e col sudore, fino a diventare dirompente ed auto-sottoporsi al successo. Gruppi del genere, a voler essere cattivi, si aspettano al varco del primo album “vero”, prodotto e non autoprodotto. Fatto, potete passare. (L'Avvicinatore Oscar Firmian)