recensioni dischi
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FRANCESCO SALVI  "Megasalvi"
   (1989 )

Non capita poi tanto spesso, invero, che a Sanremo si presenti qualcuno che, in quello stesso istante, abbia già un singolo in classifica, e per di più al numero uno. Andateci a far caso. Lui lo fece, e la cosa ancor più squassante è che proprio di un cantante non è che stiamo parlando. Eppure le cose andarono così: ancora lontani da anni in cui il demenziale avrebbe fatto breccia nelle classifiche (ancora qualche anno, e ci saremmo trovati in top 10 un Faletti che "Ulula"va, un Gene Gnocchi alle prese con il silicone, e un Elio che partì per il suo lungo viaggio musicale), Francesco Salvi uscì dal "Drive In" ed ebbe in testa, come si suol dire, una idea meravigliosa. Riprendere quei suoni house che stavano iniziando ad impazzare nelle discoteche, e spararci sopra dei testi - ovviamente a modo suo - in italiano. Pur con lo scetticismo che colpisce qualsiasi non cantante che prova a far dischi, fu un boom impressionante: "C'è da spostare una macchina" riprendeva pari pari una discohit del momento ("The party" dei Kraze, tra l'altro rifatta anche da una anonima corista che urlava "E non toccarmi il culo dai, uffa!") chiedendosi se la macchina, appunto, da spostare, fosse un diesel. Divenne quasi un fatto culturale, e se si andava allo stadio, ad ogni - reale - annuncio di macchine da spostare, la platea rispondeva "è un diesel?". La formula funzionava, anche perchè, Jovanotti/Gino Latino a parte, nessuno ci aveva ancora pensato, nel mondo dell'italodiscoteca appena squassato dal passare di moda dei Den Harrow e delle Valerie Dore che tanto avevano fatto fino a qualche tempo prima. A Sanremo, a Sanremo, urlavano, e lui trovò un altro hit, quella "Esatto" che non era altro, poi, se non un un "Nella vecchia fattoria" in versione house. Ci passò anche l'estate, in classifica, con una "Taxi" che stavolta scopiazzava "We call it acieed", altra pietra miliare dell'house-music di fine anni '80. L'album andava a ruota, con suoni acidi e trovate comiche: niente che potesse passare alla storia, il più classico disco-bubblegum, masticato di forza e poi passato di moda già pochi mesi dopo, ma è sintomatico del caos musicale dell'epoca. Lui, poi, convintosi di essere una popstar, a Sanremo ci tornò spesso e volentieri, in una specie di riserva protetta "demenzial sound", ma non fu più la stessa cosa. (Enrico Faggiano)