recensioni dischi
   torna all'elenco


PET SHOP BOYS  "Behaviour"
   (1990 )

Quando uscì questo disco, si capì che qualcosa stava cambiando. Intanto il loro modo di fare musica, che sembrava cercar di trovare nuove dimensioni che non fossero solo quelle allegre e radiofoniche che avevano inondato le radio negli anni precedenti. Poi, chiaramente, stava cambiando anche il modo in cui il mondo suonava: erano tempi di neopsichedelia manchesteriana, erano tempi in cui le discoteche alzavano i ritmi e si davano sempre di più a robe meno commerciali di quanto non lo fosse il technopop anni '80. Loro, in questo marasma, decisero di andare dalla parte opposta: d'altra parte, quando si produce una "My october symphony", è normale essere visti con occhio storto dai ravers. "Behaviour" parte con quella che, per molti, è il capolavoro della carriera PSBina, ovvero "Being boring", dove si parla di AIDS, di delusioni esistenziali, e dove la voce di Neil Tennant duetta, anzi trietta, sia con le tastiere del suo compare Chris Lowe che con la chitarra di Johnny Marr, già compagno di viaggio nel disco che era uscito l'anno prima a nome Electronic. Con un atteggiamento più rivolto alla maliconia che non al ludico, "This must be the place I've waited years to leave" è altra cosa che avrebbe meritato miglior fortuna, mentre forse proprio "So hard", primo singolo estratto dall'album, passa come episodio non esattamente graffiante. Ma che le classifiche stessero iniziando a parlare una lingua inedita lo dimostrò il fatto che proprio "Being boring" fu un flop, non arrivando in Britannia oltre il 20esimo posto: sarebbe comunque diventato un classico, forse il Classico per eccellenza, dei fans che non si erano fermati ai successi di qualche anno prima. Lavorando attorno ad un disco più intimista, che si concludeva con "Jealousy", una delle prime composizioni di Tennant, il rischio era quello di adombrarsi anche troppo: si doveva allora andare a cercare in ciò che dall'album era stato escluso, partendo da una versione più dance di "How can you expect to be taken seriously", acida ironia verso le popstar politicamente impegnate dell'epoca, e arrivando ad una delle vette più trash della loro storia. Unire infatti il rock boniano di "Where the streets have no name" alla diabetica "Can't take my eyes off you" poteva venire in mente solo a loro. Bono ci rise sopra ("Cosa ho fatto per meritare ciò", disse, parafrasando un vecchio successo dei PSB), tanto i diritti d'autore, in ogni modo, gli sarebbero arrivati in tasca. (Enrico Faggiano)