L'IMBROGLIO "Krar / Qelt"
(2007 )
Musica sperimentale, note non facili ma che riescono a penetrare nelle orecchie e nel cuore dell'ascoltatore, se quest'ultimo riesce ad avere la costanza e la diligenza di non spazientirsi. Di attendere. Questo potrebbe essere, in poche parole (e quanto mai riduttive), il resoconto dell'ascolto di "Krar / Qelt", secondo e nuovo lavoro dell'ensemble chiamato "L'Imbroglio" facente capo al batterista e flautista jazz Lucio Bonaldo. Poi si potrebbe partire per i percorsi di lunghe dissertazioni di genere: new age, jazz, cos'altro? C'è tutto, e (contemporaneamente) il contrario di tutto, in questo cd, originale ed antitetico rispetto alle proposte comuni dell'attuale musica. Non immaginatevi, tanto per intenderci, uno di questi 11 episodi strumentali in programmazione su Radio Deejay o su Mtv. Con tutto il coraggio possibile, nessun programmatore avrebbe l'ardire di inserire uno di questi esperimenti in un normale palinsesto radiofonico o televisivo. Ma vedrete, ne sono convinto, che questo cd raccoglierà comunque diversi consensi. Tanto per cominciare non tutto il pubblico si riconosce nella musica odierna, e quindi qualsiasi tentativo di cercare strade diverse, di battere percorsi alternativi è il benvenuto. In secondo luogo, L'Imbroglio non è per nulla un gruppo di sprovveduti. Qui ci sono fior di musicisti, a creare e tenere in vita questo progetto del tutto inusuale; e basterebbe solo questo particolare a rendere l'intero lavoro più interessante di quanto, magari, si potrebbe supporre ad un primo ascolto. Pure i titoli delle canzoni (canzoni?) contribuiscono a rendere il tutto misterioso ed "underground": 11 follie nomate YATR, REAK, ZOET, LINQ, HAAC, e via di questo tenore. Il cd inizia con la lunga "Yatr": ben 12 minuti abbondanti di ambientazioni lunari e sperimentali, nei quali gli strumenti paiono andare ognuno per la sua strada, creando un insieme caotico ma, a suo modo, straordinariamente equilibrato. E si prosegue con altri episodi simili e, contemporaneamente, unici. L'intro organistico di "Uxa" ci illude, per un attimo, di una sorta di "normalità", di un breve approdo sulla confortevole spiaggia di un brano "canonico". Niente di tutto questo, ovviamente: la tromba impazzita di Enrico Antonello ci riporta sulla luna, e sulla sua impossibilità di consuetudine, di regolarità. Difficile, davvero, esprimere un giudizio su questo disco. E' assolutamente il caso, stavolta più mai, che vi procuriate il cd, e vi facciate una vostra idea a riguardo. Con una sola premessa: qui non avrete mezze misure. O amerete alla follia questo disco, o lo getterete dalla finestra. A voi la scelta. (Andrea Rossi)