recensioni dischi
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ALESSANDRO GRAZIAN  "Caduto"
   (2005 )

La prima volta la bocca si apre per i testi. Le parole di quest'album sono splendide: non c'è una frase fuori posto, non c'è un concetto minimamente banale. Tanti piccoli-grandi bozzetti dell'uomo-Grazian, tanti modi per conoscere un autentico talento. "Mi sembrava tutto troppo grande per essere amato fino in fondo, per essere nascosto in cuori piccoli... e sono caduto ed ho sperato di essere salvato da tutto il mio bisogno...". Basterebbe questo singolo verso dell'iniziale "Caduto", che etichetta splendidamente tutta l'esistenza dei trentenni di oggi come Grazian, a rendere questo disco un capolavoro. Ma non è, ovviamente, tutto qui. C'è la dura tristezza di "Ammenda" ("il mio esercizio è quello di star male, sono vicino ad un margine amaro, della mestizia son depositario"), c'è il sogno in "Prosopografie" ("mi sento chiuso in allucinazioni, così piccole che potrei fargli male, così piccole che mi posson far bene..."), c'è la rinascita in "Ottima" ("ho scavato nel sole per dare un colore ed un senso alle mie ombre... ho bisogno di mischiare la gioia con quello che non oso più"), per poi chiudere il cerchio e tornare alla dura tristezza, mista a distacco, di "La differenza" ("Voi non capirete mai, però io capisco e sto male, voi non lo vivrete mai, però io vivo e non so giudicare la differenza tra un dolore e un premio speciale...") e, infine, arrendersi alla bellezza dell'amore in "Serenata": "Amore mio, mi sposto piano intorno ai miei passi che sembrano i tuoi, tesoro mio, mi fai più male di quando ti amavo veramente...". La bellezza di queste canzoni è sconcertante. La poesia di questi versi è struggente. Lo si diceva in apertura, la prima volta si apre la bocca per i testi. La seconda, invece, per le musiche. Dolci, adatte, centrate, mai sopra le righe. Acustiche, sognate e sognanti. Ci si sente vinti, ammaliati, rapiti, come di rado capita. Il padovano Grazian ha scritto ogni cosa di quest'album, testi e musiche, e, non bastasse, del disco è anche produttore artistico: così che nulla gli sfuggisse di mano, così che nulla non gli assomigliasse compiutamente. Tutto, tra l'altro, registrato in presa diretta, anzi direttissima, se è vero (ed è vero!) che il tutto è durato... 2 giorni. Sì, avete letto bene: questo album è stato registrato il 20 e 21 giugno 2004. Occorreva più tempo? No, credetemi, va bene così. Prima di questo "Caduto", c'era stato "Onde", ben strano disco del 2003, strumentale per sola chitarra elettrica, attribuito al "Signor (A.) G.", realizzato per l'omonimo spettacolo di danza ambientale. Questo è, così, il suo primo disco "vero". Si arriva alla fine dell'ascolto, e non ci si è nemmeno accorti che, in tutte le note ascoltate, non c'è l'ombra di una batteria, non c'è l'ombra di una percussione. Se ne sente la mancanza? No. E ve lo dice uno che alzerebbe sempre la traccia della batteria in tutti i dischi degli ultimi 20 anni. Stavolta non ce n'era bisogno. Non c'era bisogno di nient'altro. E' tutto perfetto. Onore a Grazian. (Andrea Rossi)