recensioni dischi
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BATTLES  "Mirrored"
   (2007 )

I Battles sono un supergruppo formato da Ian Williams, ex Don Caballero e Storm & Stress, David Konopka, già nei Lynx, Tyonday Braxton e John Stanier, già negli Helmet e nei Tomahawk. Dopo diversi ep, "Mirrored" è il primo disco della band. Le attese non erano poche, ma possiamo affermare con discreta certezza che sono state pienamente ripagate. Siamo infatti di fronte ad un lavoro molto ampio, seminale e forse stordente, appunto per la quantità di idee ed influenze che ci troviamo ad affrontare. Ad una struttura di fondo che richiama il post rock più scarno e la musica industriale, corrispondono una serie di intuizioni, che sono i contenuti veri e propri; dalle melodie fiabesche ai ricami progressive, dagli interludi dark wave ai lunghi trip psichedelici, dai flirt con l'elettronica alla trance ritmica. "Mirrored" è un disco di sostanza, che può stupire e confondere, ma che mantiene una qualità elevata per tutta la sua durata. Nel panorama attuale un lavoro come questo si inserisce con una naturalezza estrema, soprattutto grazie all'approccio molto distaccato, preciso, elettronico. Tuttavia gli undici brani che lo compongono hanno qualità ben superiori, soprattutto per il fatto che sanno riassumere quasi 30 anni di musica senza il minimo sforzo, dando vita ad una serie di mutanti sonori, collage deliranti delle più disparate influenze, che attingono molto anche dalla musica ritenuta inferiore, come la dance o la techno. Il singolo "Atlas" è qualcosa di paradisiaco, una danza post moderna, un calderone stordente in cui si mescolano ipnosi dance, ricami psichedelici, ritmi industriali ed una cantilena distorta e stordente che difficilmente uscirà dalle vostre teste. Un brano dalle potenzialità incalcolabili, un meltin' pot di suoni che si propone come summa definitiva delle correnti musicali del nostro decennio. Una cifra stilistica che rinuncia ad una forma definita, puntando tutto sui contenuti. Si è persa la struttura delle canzoni, in favore di un espressionismo totale e poderoso, che ricorda, dal punto di vista concettuale e strutturale (anzi, anti-strutturale) il Krautrock, ma anche la musica totale di Robert Wyatt, soprattutto in pezzi come "Rainbow" un tumulto angoscioso e circolare di suoni accuratamente caotici. Nascono così deliri ritmici come "Race:in", grande prova di John Stanier, in cui la batteria determina gli umori -spesso stralunati- del brano, intarsiato da vocalizzi psicotici e ricami elettronici. Il piatto si arricchisce poi di fanfare rumoriste come "Ddiamondd" o di lunghe derive post rock come "Tonto"; ma si tratta di un post rock potenziato ed ampliato di trame sonore ed ombreggiature che in precedenza mancavano. Si nota infatti una certa propensione verso strutture progressive, abbondantemente rivisitate in chiave elettronico - percussionista. Le ritmiche diversificate e mutanti sono uno snodo cardine del disco, come si può ben osservare in "Leyendecker", una nenia cristallina sovrastata da macchinosi ritmi industriali. "Bad Trails" è uno dei momenti più impressionisti, una ombrosa e delicata nenia che scava nel profondo, continuando a ricordare certi viaggi psichici di Wyatt. Totalmente differente è "Snare Hanger" una folle danza elettronica delle più acide e veementi. "Tij" segue la stessa direzione, ma con una violenza e radicalità ancora maggiori. Siamo praticamente immersi in una palude di suoni, che confluiscono in un fiume psichedelico totalizzante. Una sorta di riesumazione della psichedelica, fatta coi mezzi del giorno d'oggi. In chiusura, le trame oscure di "Race: Out" che evolvono verso un finale pirotecnico e magniloquente. In conclusione, un disco interessante, ricco ed intenso. Sicuramente ai Battles va il merito di aver saputo creare qualcosa di veramente nuovo, pescando a piene mani dal passato, ma con una forte coscienza del presente, e soprattutto del futuro. Il tempo ci saprà dire se la sfida dei Battles è stata vinta o se la proposta del gruppo è troppo confusa e priva di ulteriori possibilità di sviluppo. (Fabio Busi)