GRONGE "Coniglio nazionale"
(2007 )
Il rischio è che, dopo 14 anni, qualcuno nemmeno si ricordi chi erano. ...Qualcuno? Il rischio, reale, è che NESSUNO si ricordi chi erano! E sarebbe un peccato, ovvio. Del resto, 14 anni non sono esattamente bruscolini. Ci sta una vita intera, se non sei fortunato. E allora, perché? Perché rimanersene in disparte per 14 anni (oltre 5000 giorni) per poi tornare, dicendo "Scusate, abbiamo scherzato, eccoci qua"? Perché tornare, poi, oggi, scadute tutte (o quasi) le cedole maturate e meritate a suo tempo con una smisurata attività innovativa (live, soprattutto: centinaia di spettacoli, da Palermo a Berlino), che cambiò la scena underground anni '80? Semplice: perché sì. Non sarà una gran risposta, me ne rendo conto, ma è la pura verità. E basta cercare motivazioni, suvvia: i Gronge sono tornati, e tanto basta. Apprezzati dal vivo, con la loro new wave mescolata agli Area, nel giro dei nascenti centri sociali dei tardi anni '80, i ragazzi (ragazzi? un tempo...) erano spariti nel nulla. O, meglio, si erano "riconvertiti" (che termine orribile...) negli Zu, altra band mica da ridere, più orientata verso il jazz radicale. Negli 8 anni di attività (1985-1993), i Gronge avevano prodotto 8 dischi, tutti nati praticamente in versione demo o poco più: per intenderci tra le 500 e le 1.000 copie stampate, al massimo. Nonostante questo, il loro culto si è tramandato sino a noi. Evidentemente, qualcosa di importante lo avevano fatto. La scommessa, ora, dopo i già troppo citati 14 anni di silenzio, non è da poco. E' resettare tutto quanto e ripartire daccapo. Proporsi come se il passato non sia mai esistito, e farsi giudicare come se i Gronge, sino a ieri, non siano mai esistiti. Come se questo "Coniglio nazionale" fosse il primo lavoro di Marco Bedini e compagni. Beh, la scommessa è vinta. I Gronge targati 2007 hanno ragione di esistere indipendentemente dal percorso svolto in passato. Sottoponeteli ad un adolescente odierno, evitando accuratamente di spiegargli di chi si tratta. Così, nudi e crudi, i Gronge saranno ugualmente apprezzati. "Squadroni della gioia" è un gran pezzo, che ricorda i migliori C.S.I., e così "Locomotiv", con il suo andamento che rammenta (appunto) il procedere di un treno sulle rotaie, o "Karaokke" (con la voce della brava Tiziana Lo Conte), o ancora la divertente "Pigaciù", presa di peso da ambientazioni "eighties" che Bedini e compagni conoscono bene. Ma il "climax" del disco lo si raggiunge forse nella compiuta "Tempi supplementari", dotata del testo più interessante in assoluto: "Non posso riordinare il cassetto delle cose perse, ma soltanto aggiungere ogni tanto delle microscopiche, frammentarie verità". Ora, però, ci piacerebbe non aspettare un'altra volta 14 anni per ascoltare un nuovo lavoro. Un'altra vita... (Andrea Rossi)