recensioni dischi
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IN FLAMES  "Come clarity"
   (2006 )

Un titolo emblematico per l’ottavo album degli In Flames. La band - tra le madri del melodic death - sembra infatti ritrovare quella “chiarezza” di pensiero e ispirazione che aveva parzialmente dimenticato negli ultimi lavori. Personalmente ritengo inarrivabile il capolavoro “The Jester Race”, ma non si può non riconoscere alla band svedese il coraggio di non essersi mai adagiata sugli allori. Jesper Strombland e soci hanno sempre cercato di progredire e, che la loro evoluzione piaccia o meno, questo non lo si può negare. Se “Whoracle” e “Colony” erano comunque ben piantati nel solco tracciato con il fondamentale “The Jester Race”, la rivoluzione nel sound della band arrivà nel 2000 con “Clayman”, un disco capace di unire il loro sound tradizionale con un travolgente slancio verso la modernità. I successivi “Reroute To Remain” e “Soundtrack To Your Escape” proseguirono quel discorso, ma senza centrare mai completamente l’obbiettivo. Certo gli In Flames sono musicisti di razza e i loro dischi stanno generalmente una spanna sopra la media, ma c’è da dire che per i loro standard gli ultimi dischi lasciavano un po’ l’amaro in bocca. Belli, per carità, ma con un senso di incompletezza che finalmente sfuma in questo nuovo “Come Clarity”. Moderni ma classici, potenti ma melodici, gli In Flames riescono a non indietreggiare di un passo nel loro cammino verso il domani, pur riappropriandosi di quei loro stilemi classici che completano un sound che rischiava di snaturarsi.