recensioni dischi
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PHIL COLLINS  "Hello, I must be going!"
   (1982 )

Amava la sua faccia facciosa, la metteva su tutte le copertine dei suoi dischi e, per questo, si riteneva il Charlie Brown della musica. Era un batterista spiritato e, anche quando i Genesis voltarono verso il commerciale, riusciva ancora a fare paura (volete spaventare il vostro frugoletto? Fategli vedere il video di “Mama”). Ma, quando voleva, sapeva essere un ottimo chansonnier. Pure troppo, vista la deriva sempre più melensa avuta nel corso degli anni. Prima, però, quando ancora sapeva fondere al meglio l’ispirazione melodica con la rabbia delle sue bacchette, produceva musica di primo piano. Aveva esordito da solista con “Face value”, l’anno prima, e con il botto di “In the air tonight”. Con questo bissò, raggiungendo forse l’apice della sua carriera solista. C’era il divertissment della cover di “You can’t hurry love”, successo ’60 che ebbe anche una versione italiana (“L’amore verrà”), ma anche le atmosfere rimbombanti di batteria di “Thru these walls” e “I don’t care anymore”. Tutto bello e perfetto. L’amore per le classifiche, però, gli sciolse i tamburi: andò bene per qualche album successivo, per svariati singoli che ebbero successo planetario, ma non fu più la stessa cosa. (Enrico Faggiano)