recensioni dischi
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MARYDIM  "La stanza che mi manca"
   (2006 )

Innanzitutto: Marydim è un gruppo o è lei, Mariangela Di Michele? L'uno e l'altro. Nel senso che è innegabile come Marydim stia per Mariangela Di Michele, ed è pure innegabile che siamo di fronte ad una cantautrice vera, che scrive di proprio pugno i brani che canta, testi e musiche (e lo fa anche bene, ma di questo ne parleremo tra poco). Ma è ugualmente innegabile che gli altri componenti dell'ensemble non siano, semplicemente, dei turnisti, degli strumentisti messi lì, più o meno a caso, per fare da "contorno" alla brava cantautrice. Quindi, come si diceva, è vera l'una e l'altra cosa. Per sintetizzare, se vi chiedete di chi è questo disco, se di Marydim o dei Marydim, beh, fate un po' come volete: penso che, in ogni caso, non si offenderà ne' Mariangela ne' il gruppo. Esaurite queste "formalità", bando alle ciance ed andiamo al sodo: questo è un ottimo disco. Trattasi di pop d'autore, musica italiana della miglior fatta, di quella che mette d'accordo tutti, sia chi è già avvezzo alle italiche note sia chi invece è normalmente attratto da ben altri generi. La chiave di volta, anche al di là della (splendida) scrittura dei brani, è l'arrangiamento degli stessi. Pur non distaccandosi dagli stilemi tricolori (e perché dovrebbero farlo?), le canzoni del disco seguono sempre una traccia musicale del tutto internazionale: ascoltatevi 'Come in uno shaker', dalle atmosfere brasiliane, o la perfetta "Baracca e burattini" (dal ritornello a-la Tears For Fears), o ancora la soffusa 'Di domenica', che come scrittura ricorda il miglior Vasco e, contemporaneamente, nell'interpretazione rammenta le grandi regine dell'easy listening d'oltreoceano. E i testi non sono, mai, da meno. Non solo si tratta di liriche originali e centrate ("Mi sento un albero dal cuore rosso, ma chi vuoi che noti un albero in un bosco?"), spesso poetiche e taglienti al tempo stesso ("Il controsenso regge il mondo e viaggia sempre controvento, fa complicato tutto il senso della semplicità di ciò che penso"), ma, soprattutto, si tratta di parole perfettamente incastrate nella musica. Un tutt'uno compiutamente riuscito, come di rado, sinceramente, si trova: non solo in un'opera prima (perché di questo si tratta), ma in assoluto. Sei brani, un percorso compiuto al termine del quale, però, viene voglia di altri brani. Abbiamo ascoltato dischi che si reggevano interamente su un paio di pezzi: data la facilità di scrittura di questa ragazza, viene davvero voglia di attenderla ad una nuova prova, stavolta sul lungo percorso. (Andrea Rossi)