ANTONELLO VENDITTI "Le cose della vita"
(1973 )
L'Antonello Venditti degli anni '70 ha poco a che vedere con quello che ascoltiamo oggi. In lui convivono ancora diverse anime, in un equilibrio tanto precario da reggere giusto il tempo di qualche album prima di spezzarsi clamorosamente. L'ideologia politica è stemperata da un certo gusto pop di stampo anglosassone, che lo trascina via dalle secche della canzone militante, una vena sentimentale che (come lamenterà anni dopo) non poteva essere espressa compiutamente in un periodo di esclusiva attenzione verso il "sociale" rispetto al "privato", ma che proprio grazie a questo non rischiava mai di cadere nello stucchevole, intuizioni poetiche di un certo spessore che poi "gli sarebbero passate" come passano le malattie infantili. I dischi della prima metà del decennio presentano tutte queste componenti, e ciò che ne risulta è il meglio della vasta produzione del cantautore romano: gli episodi più sinceri, meno inquinati dalla ricerca di un successo da classifica che allora, evidentemente non era una priorità. In particolare, ecco questo album del '73, che può essere considerato di fatto il primo vero album completamente di Venditti. In esso, inciso in due giorni e due notti, il musicista si affranca definitivamente dal sodalizio con De Gregori, e può abiurare categoricamente gli arrangiamenti pomposi e mai apprezzati de "L'orso bruno", impostigli dalla casa discografica che voleva lanciarlo come l' "Elton John de Trastevere": qui Antonello può fare da solo ciò che vuole. Ed ecco così un disco intimista nei contenuti, scarno nella veste musicale, essenziale e diretto. Quasi solamente voce e pianoforte sono sufficienti per la ribellione a tratti impietosa di "Mio padre ha un buco in gola", la denuncia sociale a tratti ingenua di "Il treno delle sette" o "Brucia Roma", la tenue poesia a tratti altrettanto ingenua di "E li ponti so' soli" o "Le tue mani su di me", quel vero manifesto artistico che è "Le cose della vita". Un manifesto in parte tradito solo pochi anni dopo alla ricerca di un consenso da stadio che non era nei patti di questi promettenti inizi. Ma si sa come vanno le… cose della vita. Ultima curiosità: nell'album doveva essere inclusa la canzone "Ruba" che all'epoca fu incisa anche da Mia Martini e mai pubblicata fino ad un recente album di rarità della cantante. Tuttavia le due versioni provinate del brano durante le sessions di registrazione vennero escluse dalla track list del disco all'ultimo momento. Il motivo ha probabilmente a che fare con le tante censure imposte dalla Rai in quel periodo. Il brano infatti allude al "bloody sunday" irlandese e utilizza un'espressione forte e, alle orecchie bacchettone dell'epoca, provocatoria: "se il fucile ti verrà a cercare, amalo, tu lo vedrai abbassare". (www.luciomazzi.com)