AIR "Virgin suicides"
(2000 )
Al secondo vero lavoro in studio, gli Air trovano qualche piccola difficoltà. Forse una colonna sonora non è il modo migliore per esprimere le proprie qualità, anche se in passato ci sono stati esempi eclatanti del contrario, ma è innegabile che “Virgin Suicides” sia un piccolo passo indietro rispetto a “Moon Safari” che, col passare del tempo, si dimostra sempre più un esordio perfetto, l’apice del duo francese. La musica elettronica è in parte abbandonata in favore di una strumentazione più tipicamente Prog. I risultati sono altalenanti. Brani come “Playground Love” hanno le carte in regola per diventare dei classici, ma si scontrano con un approccio quasi di maniera, senza il minimo sussulto emotivo. Le sonorità sono quelle che hanno reso il gruppo un’icona della musica pop dell’ultimo decennio, ma la voglia di stupire del disco d’esordio ha lasciato spazio ad una più misurata gestione delle proprie risorse. Troviamo così una serie di brani anonimi come “Clouds Up”, un breve abbozzo psichedelico, che tuttavia diluisce la formula in favore di una semplice musica d’atmosfera. Si prosegue su questi binari con “Bathroom Girl” e “Cemetary Party” che certamente non sono brutte canzoni, ma rimangono ben lontane dal coinvolgere e dall’ammaliare l’ascoltatore. Di tutt’altra pasta è invece “Dark Messages”, un oscuro drappeggio di psicosi notturne nella più classica tradizione Pink Floyd, così come i cori angelici di “The Word Hurricane”. “Dirty Trip” rievoca ancora più nitidamente certe sonorità anni ’70, seppur con l’approccio tipico del gruppo. “Highschool Lover” è una suggestiva sonata al chiaro di luna, algida ed emozionante. “Afternoon Sister” è un carillon impressionista, scolpito tra vapori torbidi. Il notevole scarto qualitativo tra i brani si affievolisce con “Ghost Song” e “Empty House”, a metà tra maniera e coinvolgimento. Stesso discorso vale per “Dead Bodies” che vuole stupire, ma rovina solo l’atmosfera creatasi fino a quel momento. Un disco quindi spaccato in due; da una parte troviamo solo timide imitazioni dei capolavori del gruppo, dall’altra una serie di omaggi ai grandi del passato, rivisitati nel tipico stile Air. (Fabio Busi)