recensioni dischi
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DOMENICO SANTANIELLO  "Finally"
   (2025 )

Il contrabbassista campano Domenico Santaniello è attivo da molti anni nel jazz, almeno venti, e ora arriva finalmente al proprio debutto da leader, con l'album intitolato (appunto) “Finally”, uscito per Caligola Records. Si tratta di jazz dei più canonici, quello che vi aspettate se siete in cerca di jazz. Ma lo splendido protagonista è il suo ingombrante strumento.

Il disco è aperto dalle sue note soliste di “A Song For Vanni”, seguite poi dalla band: Marcello Tonolo al pianoforte, Alfonso Deidda al sassofono contralto e Adam Pache alla batteria. “Three” concede lo spazio principale al sassofono, con la sua melodia frenetica e i suoi accenti da band di Monk. “Tipsy Topsy” invece è scritta dal pianista Tonolo, che detta le coordinate con qualche accenno latino nella scelta delle progressioni.

“Manué” è un caso interessante. Il tema viene seguito da contrabbasso e sax, mentre si crea un groove funky con la batteria. “Danny Boy” è un momento solista di Santaniello, che interpreta la nota melodia irlandese, mostrando che anche un contrabbasso può mostrare segni di umanità nel proprio suono, alla pari del più celebrato violoncello.

“JFP III” è dedicata a John Francis Anthony Pastorius III, noto a tutti come Jaco, ma non è un brano fusion impazzito; è piuttosto delicato e anche malinconico, che ci sta, se pensiamo a che fine indegna ha fatto il geniale bassista. 36 anni di vita, chissà cos'avrebbe potuto fare ancora... A riscaldare l'umore ci pensa l'interpretazione di “Seven Minds” di un altro asso delle quattro corde, Sam Jones.

La titletrack arriva a chiudere l'album ed è un valzer scritto pensando forse a “Satin Doll”, ma con più sostituzioni. Qui Deidda vola nell'assolo, ma ecco alla fine arrivare il padrone di casa Santaniello, così coinvolto nel far cantare il contrabbasso da far sentire la sua voce che entra nel microfono. Finalmente (anche se sarebbe “at last” in inglese), allora diciamo, “alla fine” Domenico Santaniello ci porta la sua visione jazz, che viaggia tra il modale e la ricerca anche al di fuori del repertorio standard, come il ripescaggio dal folk di “Danny Boy” che era davvero una felice scelta inaspettata. (Gilberto Ongaro)