ELSA MARTIN & STEFANO BATTAGLIA "Lyra"
(2025 )
La voce di Elsa Martin e il pianoforte di Stefano Battaglia diventano strumenti per trascendere musica e poesia in un tutt'uno indistinto. Entrambi negli anni hanno già realizzato lavori ispirati e dedicati a Pier Paolo Pasolini. Il loro sodalizio li porta ora a pubblicare “Lyra”, uscito per Artesuono.
I testi sono tratti dalle poesie dell'autore italiano più controverso e fondamentale del Novecento. Pasolini (o, come scrivono i professori, PPP) è nato a Bologna ma dopo un anno di vita la famiglia si trasferisce in Friuli, terra della madre. Nel 1942, a vent'anni, scrive la sua prima raccolta di poesie in friulano, “Poesie a Casarsa”. Soprattutto da queste attingono Martin e Battaglia, ma anche da “Poesia in forma di rosa” del 1961-64 e “Poesie dimenticate” del 1965.
Anche se il dialetto friulano è ostico per i non friulani, quello che c'è da “capire”, o meglio da “provare”, si afferra tutto. “Donzel” è un crescendo micidiale, dove la voce di Elsa Martin raggiunge un alto grado di agitazione, trasportata dal pianoforte. Anche “Casarsa” coinvolge senza possibilità di distrarsi. L'introduzione pianistica di “A Na Fruta” è dolce e apre la porta a un brano inizialmente rarefatto, che poi si fa via via più drammatico e dalla ritmica più marcata.
“Lyra” è un brano in quattro parti che aprono, chiudono e inframezzano l'album. La parte d'apertura fonde più voci in un tutto confuso, e non è il solo momento sperimentale. “In Forma Di Rosa” inizia con un minuto di voce e piano del tutto atonali, per poi stabilizzarsi in un pedale armonico costantemente “minacciato” da progressioni dissonanti. Questa è scritta in italiano, quindi posso riportare qualcosa. “Tutta una vita, vita che per fatalità consente una sola via, una forma sola”. Eh no, funziona poco leggendola soltanto, dovete sentire come sono cantate e trasfigurate queste parole!
Per l'interpretazione di “Soreli”, Martin non si limita a cantare: come anche nella suddetta “In Forma di Rosa”, Elsa si cimenta in versi striduli e giocosi, una sorta di grammelot altamente espressivo, seguito da un altrettanto leggiadro accompagnamento di Battaglia, che si trasforma nel secondo tempo (questo brano dura 13 minuti) in arpeggi più malinconici, e così la voce si fa più seria, raccontando di “oscurità tranquilla”. Nella terza parte, la voce recupera l'allegria dell'inizio, coi suoi versi di glottide e di testa, ma il pianoforte incede su un andamento più onirico.
In questo modo, i buffi versi si vestono di un significato in più, sembrano i giochi che facciamo con la voce da bambini, portandoci in un'inaspettata dimensione di purezza, che poi è quella a cui PPP anelava, anche quando nei suoi film rappresentava il più becero dei papponi (“Accattone”) o metteva in scena i classici della letteratura greca con attori non professionisti, per ridare dignità agli emarginati, mentre la famiglia borghese va in crisi (“Teorema”) con le sue ipocrisie, e Ninetto Davoli se la ride sempre, nella sua semplicità proletaria.
Ho sovrainterpretato? Chissà... Certa è la mia raccomandazione a tutti di fermarsi ad ascoltare questo meraviglioso congegno realizzato da Elsa Martin con la sua voce, e da Stefano Battaglia con il pianoforte. Anche se non siete friulani e non afferrate il senso delle parole, la loro interpretazione musicale basta e avanza per farvi viaggiare nell'iperuranio! (Gilberto Ongaro)