LO STRANIERO "Mazapé"
(2025 )
Lo Straniero è una band che esiste da ben undici anni. Nata nel 2014, è giunta ora alla quinta uscita con “Mazapé”, uscita per Tempesta Dischi e Pioggia Rossa Dischi. La cosa che colpisce per prima è la verbosità, la velocità con cui tante parole vengono cantate. E nonostante la quantità di concetti espressi, in più momenti resta qualcosa di implicito, di non detto, lasciato intuire. Spesso si parla di viaggi, di movimenti, di volontà e/o necessità di spostarsi.
La band si muove su binari pop rock spesso acustico, che incrocia influenze eterogenee. Subito dal pezzo di apertura “A mare” si manifesta il bisogno di scappare: “Stretta nella gola, voce soffocata cerca via di fuga. Voce soffocata in un vortice veloce corre nella luce”. La melodia cantata, forse involontariamente, sembra avvicinarsi alla musica vocale sarda. L'attrazione per le sonorità world si manifesta anche più avanti, in “Ministro del Temporale”, dove il ritornello è sorretto da un riff afro di chitarra e un coro black.
A proposito di “Ministro del Temporale”, emerge qui e altrove un certo sarcasmo politico. “No, è una maledizione, è stato il temporale a metterci in prigione”. La canzone punta il dito verso chi pensa che le cose siano sempre andate così: “E se piove per sempre facciamo finta di niente”. E le propagande di paura, con i conseguenti programmi di sicurezza, servono “a digerire meglio la violenza”: “Sono vittima della mia incoscienza”.
Il fulcro di diversi testi si indirizza a una non meglio specificata massa di persone sconosciute in movimento, come nel singolo “Pianura Paura”: “Siamo ombre nude che non chiedono il permesso di occupare un posto che per voi è come un cesso”. In questo brano è da sottolineare l'esito felice di una chitarra acustica e un riff di tre note di elettrica, ben scelte per creare un suono allegro.
La folla compare anche nella “Via Domiziana”, storica strada romana in Campania che dà spunto a una canzone dal ritornello in napoletano: “Fila che passa in silenzio fila che scorre in eterno fila la lana sulla via Domiziana. Freddo ci stringe di più, alza il naso in su, quella che vedi sei tu. Numeri e lettere sotto la luna piena, apri le braccia arriva mamma paura (…) pecché non tiene niente da fà, 'na foto 'na finestra da guardà”.
Questa strada ne accompagna un'altra, “Via Ferrarese”, a chiudere l'album, ed è una canzone sorella dell'altra: “Questa sera c'è una luna che osserva che illumina. Stiamo in giro, stiamo in giro amico mio, adrenalina dà più energia, o qualsiasi cosa sia. Sentirsi soli ma non dirlo mai, questo no, non fa proprio mai. Hai detto andiamo, affidiamoci all'istinto. Di sicuro non buttiamo il nostro tempo”.
Suoni acustici ed elettronici mischiati insieme à la Stromae accompagnano i “Fuochi per la festa del paese”, dove lo sguardo si restringe da una folla a una famiglia sconosciuta: “Arrivati alla stazione dentro un carrozzone, il vecchio e la valigia di cartone, i piccoli nascosti in un bidone”. E dove andranno a vivere? La canzone elenca i posti dove tendenzialmente vanno a finire: “Cascine, appartamenti, buchi sfitti, derelitti, in cinque in una casa senza allacciamento”.
Lo sguardo si restringe ancora di più da una famiglia ad una sola persona in “Croci”, su un energico rock: “L'hanno visto arrivare, hanno iniziato a sparare. Non sapevano chi fosse, non era del luogo”. Altro pezzo su una donna è “Lady Mina”, che come molte altre ladies cantate nei decenni, ha un'esistenza torbida: “Lady Mina ti vogliono in cantina, Lady Mina, lacrime da iena (…) Lady Mina sei la mia rovina, Lady Mina la notte fa paura (cos'abbiamo visto?)”.
La titletrack è la più ambientale. Chitarre acustiche e pad atmosferici accompagnano un paesaggio autunnale: “Qui c'è quel che c'è, il caldo ci spoglia, ottobre si indossa diventa legna che fa venir voglia”. E “Luci spente” racconta il panico da pagina bianca dei creativi: “Come ci assomigliano le stelle, galassie di anime gemelle, ma le mie luci sono spente, non si vede niente. Nascosta chissà dove, evapora nell'aria, affonda dentro il fango, si perde con il sonno (...) L'ispirazione, un segnale intermittente da captare”.
Lo Straniero propone un pop rock variegato, che musicalmente è coinvolgente e accattivante, ma che nei testi non vuole essere accomodante. (Gilberto Ongaro)