recensioni dischi
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GAIA GAIBAZZI & CLARISSA CARAFA  "Mentors"
   (2025 )

Gaia Gaibazzi e Clarissa Carafa abbracciano un repertorio che, attraverso tre compositori, incarna l’epoca romantica con le miriadi di sfaccettature che la loro opera propone.

L’affiatamento delle sonorità proposte da Gaibazzi e Carafa si traduce in un efficace affiatamento che si palesa con precisione nell’insieme.

Nella Sonate fur Klarinette und Klavier no.1 in F Minor Op. 120: Vivace sono stata letteralmente rapita dal pianoforte di Clarissa Carafa, capace di rendere un autore come Brahms, con un tocco vellutato seppure autorevole nelle frasi in Forte e FF senza sovrastare il clarinetto di Gaia Gaibazzi, anzi rendendo protagonista lo strumento a fiato in maniera magistrale.

Brahms, lontano dalle ispirazioni listziane e wagneriane del tempo, trova infatti un compromesso a quelle avanguardie compositive immergendosi nell’ispirazione dettatagli da Schumann, e in questo suo primo componimento per clarinetto e pianoforte ne trapela il gusto profondamente intimo di intendere la composizione cameristica, seppur i protagonisti siano due strumenti “forti” come il pianoforte e il clarinetto.

Se la Tarantella di Reger risulta un piacevole ascolto contraddistinto dalla puntualità di esecuzione con ritmi brillanti, La Serenate Fur Klarinette un Klariver no. 49 Prestissimo dello stesso compositore affascina con i pianissimi del pianoforte contrapposti alla dolcezza con cui il clarinetto della Gaibazzi risponde allo strumento accompagnatore quasi con suadenza, soprattutto nel registro basso.

Un duo che risulta particolarmente compatibile nel repertorio brillante, ma che nel pathos trova un posto speciale per la comunicativa espressa attraverso l’amalgama dei suoni perfettamente affiatati e complici; la precisione tecnica si unisce al discorso musicale mai tralasciato ma unito indissolubilmente dal fraseggio, espresso in maniera particolarmente efficace da entrambe le strumentiste.

Con Schumann ne la Fantasierstucke op 73 n.1 il duo proietta sull’ascoltatore tutto il profilo intimistico e profondo del compositore, che nella musica da camera trovò il suo sfogo geniale; il fraseggio mai banale ma impreziosito dai colori del clarinetto che Schumann fa parlare con sensibile spirito introspettivo si coniuga con un’arte pianistica eccellente, che sa sottolinearne i finali di fraseggio senza mai interrompere la poesia generata dall’insieme.

Una tale empatia tra le interpreti meriterebbe, spero in un futuro, l’espandersi di questa avventura in duo anche nel repertorio contemporaneo, per la squisitezza dell’interpretazione oltrechè della assoluta intesa delle protagonisti di questo riuscitissimo lavoro musicale. (Elisabetta Amistà)