BRUNO TOMMASO & BARGA JAZZ ENSEMBLE "Dagli Appennini alle Madonie"
(2025 )
Italia, giardino del mondo. Uno sguardo all'apparenza turistico (ma in realtà socio-antropologico) muove l'ispirazione del compositore e direttore Bruno Tommaso, attivo dal 1969, nel raccogliere i brani che compongono l'album “Dagli Appennini alle Madonie”, uscito per Caligola Records. Il Barga Jazz Ensemble che esegue i suoi brani è qui costituito da nove elementi, che suonano sassofoni, clarinetti, tromba e trombone, pianoforte, chitarra, contrabbasso e batteria. Un ensemble di fiati, per il quale Tommaso prevede diversi spazi di improvvisazione, all'interno di brani scritti e arrangiati con precisione.
“C nona” e “I tre moschettieri sono quattro” avviano l'album con un canone con contrappunti e poi un pezzo più spiccatamente jazz, poi “Alla moresca” fa partire il viaggio appenninico da Lucca, per poi spostarsi in Emilia Romagna con “Gesvals”, suite di momenti anche molto diversi tra loro, tra cui un momento solista particolarmente blues tra tromba e trombone (con la sordina che fa uà-uà), per poi accendere la chitarra che improvvisa nel vuoto, con esito quasi ipnotico. Quindi i luoghi geografici sono solo il punto d'ispirazione di partenza, per poi viaggiare in dimensioni musicali diverse, anche se poi qui si torna in un valzer, essendo il brano legato alla terra del liscio.
Con un salto volante, la discesa negli Appennini salta in Sardegna per due brani: “In sa notte profunda” e “En la noche profunda”. Nel primo dei due brani, la chitarra sostiene un bicordo (prima e quinta della tonalità), che coerentemente ricorda le armonizzazioni dei canti a tenores tipici della Sardegna. La seconda è una rivisitazione latina di un brano di Bruno Tommaso del 1994. Questa scelta è motivata dalla presenza del dialetto catalano nei pressi di Alghero.
Torniamo nel percorso principale degli Appennini per scendere nelle Apulie, con “Puglia Sound”, che è un brano ispirato ai crudi racconti di caporalato, fatti di sfruttamento e violenze. Parte quindi con la rappresentazione del dolore, incarnato da una tromba sofferente su ritmo trascinato, al quale segue una festosa reazione ottimistica in odor di tarantella, con l'ensemble a tutto spiano.
Sul versante tirrenico, “Immigrati” è stata composta a Napoli nel 1999 per gli studenti del Conservatorio San Pietro a Majella (la Majella è un massiccio montuoso). Se a differenza degli altri brani più geolocalizzati, qui a parte qualche scala frigia (quindi “arabeggiante”), non si sentono scelte specificamente “napoletane”, è perché l'attenzione è alla vocazione internazionale partenopea: è stata Napoli a importare il jazz nel Bel Paese, e l'assolo di chitarra fa pensare per un attimo a Pino Daniele.
L'ultima tappa è in Sicilia, con “Alla solfatara”, ispirata ancora a storie di sfruttamento, questa volta nelle miniere. Il tributo alla “sicilianità” musicale è qui espresso da una fase “funerea” dei sax, che ricordano i lenti movimenti delle via crucis dell'isola, a memoria dei morti di lavoro in condizioni inaccettabili.
Tutto questo è raccontato senza una sola parola, solo tramite le voci degli strumenti dell'ensemble. Forse senza quest'accompagnamento descrittivo non si colgono tutte le intenzioni dell'autore, come le didascalie sono spesso necessarie nell'arte visiva astratta; ma senz'altro si coglie l'abilità di arrangiatore e il gusto jazz da big band americana di Bruno Tommaso, che il Barga Jazz Ensemble mostra con eleganza. (Gilberto Ongaro)