TRANK "The maze"
(2025 )
Esplorare la profondità degli organi umani deputati all’emozione come mente e cuore è un viaggio decisamente affascinante, benché spesso non si riesca a captare completamente i loro segnali risolutivi.
La band franco-svizzera dei Trank prova a decifrarli, tramite i tre quarti d’ora di musica che compongono il loro secondo album “The Maze” (a distanza di tre anni da “The ropes”).
Ebbene, negli 11 brani in elenco c'è un campionario di ricca miscellanea di heavy, alt-rock, elettronica e radure di post-punk, che arrivano a destinazione senza fermate intermedie, per portare l’ascoltatore in un itinerario colmo di energia e melodie strutturate e mai carente di “Adrenalin”, tanto per cominciare con morsi tenaci, stretti parenti di “Twenty First Century Slave”, “Chameleon”, “Pray for rain” e “Boys (Eyes on the road)”.
Scorre sudore a fiumi sulla nave dei Trank, con un signor capitano vocale come Michel André Jouveau che sorregge i brani con grinta esaltante anche in terreni fortemente melodici come “Queen of the broken”, “Hey you” o nel fascino mistico di “Evolution”.
La loro cifra stilistica calza come un guantone da boxe, pronta a sfoderare ganci poderosi nel cuore ed uppercut sottomento per tenere alta la guardia dell’ascolto, benché non ce ne sia bisogno, visto il fitto tasso adrenalitico che regna nell’album.
Invece, a saldare l’opera, tocca a “The morning after”: un’insolita ballad, che rilascia lunghe tratte strumentali coi fiocchi stimolando, non poco, l’immaginazione futurista: ed è proprio nel futuro che, personalmente, vedo questa band lanciata verso imminenti traguardi rilevanti. Chapeau! (Max Casali)