NICOLO' PICCINNI & GLI INTERNAUTI "mareAmare"
(2025 )
Quante volte il mare ha ispirato gli artisti. Da quello profondo di Lucio Dalla a quello che dà fastidio a Luca Carboni se non c'è lei, fino a quello che chiude tutte le parodie di Vano Fossati, cioè Rocco Tanica nei panni del cantautore genovese. Come si può declinare ancora ad altri significati? Ci prova Niccolò Piccinni, assieme agli Internauti.
“mareAmare” è un concept album di dodici canzoni. È un numero magico, per chi si ricorda di molti vinili. Due facili esempi famosi: i dischi “Born in the USA” di Bruce Springsteen e “Nevermind” dei Nirvana hanno entrambi 12 canzoni, 6 per lato. Le prime 5 di ogni lato sono forti, e la sesta e la dodicesima sono più soft. C'era come una regola non scritta, nel seguire questa struttura. L'album di Piccinni esce assieme anche a un libro di 12 racconti, con 12 illustrazioni di Sara Zollo, quindi leggendo tutto insieme, aumentano le possibilità di collegamenti.
Sono variegati i sentimenti che animano l'album. Niccolò Piccinni & Gli Internauti suddividono l'album in due metà: la prima, “Superficie”, è un pop atmosferico e sognante, con chitarre acustiche e andamenti malinconici ma eleganti, come la delicata ma coinvolgente coda di “Aldiqua”. L'album è aperto da “Arianna” e dal suo filo, per introdurci nel labirinto musicale e in una dimensione senza tempo (“Apri gli occhi ed è sempre giugno”).
“Sott'acqua” ci immerge nel blu con visioni sibilline: “Qui c'è il buio e più sotto un buco che chiamano mare, ma parla piano, non lo devi spaventare (…) Non siamo ancora pesci ma non siamo più persone”. Risalendo in superficie, entra ora un altro elemento ricorrente dell'album, quello dello specchio, in “Cura di te”: “Abbiamo costruito lo specchio perfetto, ma non riconosciamo il riflesso. E ci lasciamo ingannare, e lo sappiamo, però guardiamo lo stesso”.
E arriva la suddetta “Aldiqua”. Questo pezzo è costruito come descrizione di un mondo diviso da un muro, dove chi riesce a superarlo si dimentica di ancora non ci è riuscito: “Gli ultimi di ieri sono i primi ad odiare chi cerca di passare più in là (…) Siamo tutti uguali nell'aldiqua. Siamo tutti sommersi nell'aldiqua. Siamo tutti offesi nell'aldiqua”.
Piccinni passa al mare virtuale con “Internauta”, dove distacca la propria identità fisica da quella online: “L'internauta che è in me, non so più cos'è, è parte di me ormai, è fuori da me”. Il lato A termina con l'eterea “11 anni dopo”, con una voce piena di eco compressa che invade la canzone, a riflettere su di sé e sull'isolamento: “Se valesse la pena guardarsi allo specchio, ti direi stasera, ho visto di meglio. I ragazzi del liceo tornano a casa, ora la metro funziona e mi sembra sbadata a lasciarmi qua fuori a prendere il freddo mentre loro si guardano e dal vetro mi guardano appena”.
Numerose le voci ospiti: Liana Marino, Stefania Tasca, Rossana De Pace, Bunna, Giulia Impache, Fausia, Federico Sirianni, Vea e Boris Borasco. La quantità elevata di cantanti, che ora fanno i coristi ora le prime voci accanto a Piccinni, danno una sensazione di coralità, di assenza di un protagonista centrale, e di una moltitudine come le gocce nel mare.
La seconda parte si chiama “Profondità” e per quattro canzoni su sei diventa cupa e rock. Si apre con un accordo minore con undicesima per introdurre “Malladrone”, che è un'inquietante statua in una chiesa di Gallipoli che rappresenta uno dei ladri crocefissi con Gesù, ma è a colori e ha un sinistro ghigno beffardo. Piccinni lo impersona, cantando “l'orrore di dover bere acqua nera”.
Il rock si fa ancora più oscuro ne “Il pozzo”, dove la voce incarna lo stesso minaccioso pozzo. Malladrone precipita nel pozzo e diventa un “Pesce nero”, brano strumentale che fa da mezzo di trasporto per farci giungere alla bettola cantata in “Lampade ad olio”, uno sporco blues rock, con tanto di armonica a bocca, tra vino e amori perduti, e un ritornello corale: “E ancora non se n'è andato!”.
Gli ultimi due brani ci riportano alla calma eterea dell'inizio. Con “Messaggio per nessuno”, è come se ci si fosse risvegliati dall'ubriacatura, per osservare “Quante navi sono passate da questo porto di legno”. E infine “Pugile di mare” chiude il racconto con un inaspettato personaggio, che anche lui parla all'acqua, che gli fa compagnia più delle persone da cui si sente distante: “Ho tutto quello che mi serve, ma mi sfugge qualcosa. Ho tutto quello che mi serve, ma mi manca qualcosa. Ho paura che non la troverò, perciò colpisci, colpiscimi ancora”.
L'isolamento di “Pugile di mare” è simmetrico all'isolamento cantato in “11 anni dopo” della prima metà dell'album. Siamo usciti dal labirinto di Arianna, ma forse qualcosa si è perso dentro. “mareAmare” è un disco che cattura e che invita al riascolto, perché è stato costruito in questa maniera intrigante, e nulla è lasciato al caso. (Gilberto Ongaro)