PHILIPPE PETIT "A reassuring elsewhere chapter III"
(2024 )
Iniziata nel 2022, si conclude con questo terzo capitolo la saga dell'altrove rassicurante di Philippe Petit. Uscito per Oscillations Records, “A Reassuring Elsewhere Chapter III” riprende il filo da dov'eravamo rimasti. L'approccio giocherellone, così determinante nel primo capitolo, nel secondo si era progressivamente accostato ad un tratto più straniante e poco rassicurante. Ora, la saga del perturbante giunge al massimo dell'inquietudine.
Per questo risultato, influisce l'aggiunta di un altro giocattolino: il Serge 73-75, un sistema di sintesi modulare del 1973, che va ad affiancarsi al consueto Buchla 200. La differenza si sente: anche se permangono quelle fasi “orizzontali”, cioè di percussione di oggetti in sequenza, alternati solo dal silenzio, ora ci sono talvolta degli sfondi, bordoni elettronici che fanno da collante, quello che mancava nei primi due capitoli. Ciò fa finalmente percepire il tutto non più come un disordine colorato, bensì come un flusso unico, unito seppur frastagliato dalla presenza materica degli oggetti.
È presente anche un altro nuovo arrivato: un salterio elettrico, che si fa notare nella seconda traccia (che nel conteggio totale è la numero 9). Un minuto elettroacustico con un pianoforte preparato è il primo “Interlude” (sarà così anche nel secondo, per 45 secondi), per poi tornare alle sperimentazioni sugli oggetti, con esiti a volte trapananti, a volte gommosi come molle magiche (quelle che vanno giù per le scale!).
Nella quinta traccia, cioè “A reassuring elsewhere 11”, c'è un'altra novità di questa trilogia: per un limitato periodo di tempo, Petit costruisce una ritmica dal battito regolare. Ma solo lì: nella traccia successiva tornerà a comportarsi in maniera aritmica, realizzando queste specie di suoni da astronavi giocattolo. A un certo punto mi sembrano i discorsi di C1-P8 di Guerre Stellari. Infatti, all'ascolto mi viene da rispondergli come Han Solo: “Già, sono d'accordo”. Anche se non ho capito che ha detto!
Seguono sinistri cigolii ed emissioni gutturali, ed ambientazioni sonore da cantiere e da falegnameria. Se per i primi istanti possono far ridere, l'ascolto prolungato rivela il carattere oscuro ed angosciante dell'idea, soprattutto nella traccia di chiusura, la numero 16, che dura 11 minuti, concludendo in maniera gelida come avevamo iniziato nel primo capitolo, ormai del 2022.
Per tirare le somme di questa trilogia, dove gli oggetti quotidiani rivelano il loro sinistro potenziale, potrei citare Giorgio Gaber, nel suo monologo “Gli oggetti”, che forse con le parole è arrivato a una conclusione simile a quella a cui è giunto Philippe Petit con l'elettroacustica: “Nel frattempo, gli oggetti erano andati al potere. La loro prima vittoria era stata il superamento del concetto di utilità, piano piano avevano occupato anche gli spazi più nascosti delle nostre case, e da lì ci spiavano”. (Gilberto Ongaro)