ELISA GENGHINI "La pazza nella soffitta"
(2024 )
Elisa Genghini l'ho vista esibirsi nel 2019 a Pianoro (Emilia-Romagna), in un evento di 8 tra band e solisti. Ricordo il suo piglio. Accompagnata solo dalla sua chitarra, raccontava le sue canzoni con aneddoti esilaranti e una dote da intrattenitrice; quando iniziava a cantare, suonando leggera, ecco che partivano le frecce! Era appena uscita “JaneEyre”, dedicata all'omonima protagonista di un romanzo di Charlotte Brontë.
Sono passati 5 anni da quella volta. Alcune cose sono cambiate, ad esempio da bionda ora ha i capelli neri. Ma col suo nuovo album, “La pazza nella soffitta”, un elemento di continuità permane, come la sua passione per Charlotte Brontë. Dallo stesso romanzo infatti, proviene il personaggio che diventa la titletrack.
“La pazza nella soffitta” si chiama Bertha Antoinette Mason; è una donna rinchiusa dal marito a causa della sua condizione. Ma una scrittrice successiva, Jean Rhys, riprende il personaggio in un suo romanzo, ridandole dignità. Genghini così scrive la sua rivalsa, con tono sardonico: “Nonostante tutti gli anni in cui ho bruciato dentro me, oggi ho deciso con un sorriso che avrei dato fuoco a te, che ti ritieni un uomo giusto, che rispetti tutto quello che tuo padre ti ha insegnato, che un gioco rotto va buttato, come hai fatto tu con me (…) Tu mi ami ancora (nei tuoi sogni)”.
L'album però si apre con una parola a me nuova, “Climaterio”. Scopro che è il periodo che precede e segue la menopausa. Genghini affronta il cambiamento del corpo, finalmente trattato con serenità, senza rincorrere a elisir di giovinezza (anche se diverse donne mi hanno detto che si son ritrovate in quella scena di “The Substance”, dove Demi Moore si dispera col rossetto allo specchio). Elisa canta col realismo tipico di una cantautrice: “Cadono i miti, cadono i capelli e i seni, guarda cadono le certezze, cadono i frutti più maturi. Guardami (…) Cambia la pelle, cambia il nome che do alle cose, il desiderio di chi mi tocca. E sono stanca di essere giovane (…) lascio che il sole illumini gli altri, mi faccio ombra con le mie mani”.
Alla faccia della stereotipata rivalità tra donne, “A differenza di me” è una canzone che elenca tutto quel che le altre donne fanno e sono, che Genghini non fa e non è, ammettendo che per una volta vorrebbe essere come loro, ma che le piace vederle diverse: “Mi piacciono tutte quelle donne che (…) si portano la frutta già tagliata (...) che ancora comprano cartoline nei negozi di souvenir (…) quelle che appendono i vestiti nell'armadio tutti divisi per colore”. La cantautrice dichiara l'amicizia con tutte loro. Che bella la sorellanza!
Ci sono pezzi intimi, come “Spilli nello spazio”, che invitano una storia d'amore ormai logora da finire, e la canzone bonsai “La grammatica del disamore”, che ironizza sulla frase “Saresti una donna perfetta”: “Se avessi studiato l'italiano sapresti che il condizionale no, non va da solo”. “Blu Roy Batty”, che porta il nome del replicante più famoso del cinema, è una spiritosa canzone sull'autoerotismo, ormai argomento sempre più sviscerato in leggerezza, come da Elisa Bonomo in “Non sono innocente”. La fantasia parte dagli occhi blu: “Ed in silenzio me ne andrò con il tuo sguardo sul mio collo e a tutto il resto penserò (…) So dove mettere le mani (…) Sono 40 anni e ci è voluto parecchio per star bene nei miei panni”.
Il disco si conclude con “Altre primavere”, che dai fiori di ciliegio sembra parlare di farfalle, quando invece poi si capisce che sta pensando alle donne partigiane, che durante la Resistenza hanno fatto la loro parte. E spera, anzi è convinta, che in futuro “avremo altre primavere”. Io avrei preferito sperare di non averne più bisogno, ma visto come siamo messi, eh, niente dura per sempre. Penso solo, lasciatemelo dire: che invidia chi è nato in Italia nel 1946 e morto nel 2019. Ha vissuto 73 anni sempre in pace e in crescente prosperità, senza pandemie (se non è esploso negli anni '70!).
Ho lasciato per ultima la terza canzone dell'album, perché secondo me è la più importante, la più emozionante, ma anche la più significativa in questi tempi, dove l'attuale governo fa una retorica tremenda sulla famiglia, e vorrebbe ricacciare la donna al ruolo di angelo del focolare, che deve desiderare solo di essere madre e casalinga, col sorriso stampato come in una pubblicità anni '50.
Con “La ruota panoramica”, tra note di glockenspiel e chitarra, Elisa Genghini racconta la sua esperienza materna con raro realismo: “Irma, mentre piangevi mi dovevo vergognare di ogni cosa che ho pensato (…) rimpiangendo tutto il mio mondo prima del tuo arrivo (…) sono andata in bicicletta verso il mare, una bella pedalata sotto la ruota panoramica, ho visto il mio passato. Tutti i miei giorni senza di te che non ho contato (…) che forse ho perso. Ma che ho ritrovato (…)”.
Mi stavo preoccupando, ma poi arrivando alla fine: “Irma cosa ti posso dire, dal momento che ti vedo con quegli occhi così belli, non tornerei mai indietro”. Aaaaw, occhi a cuore! E stavo pensando, in questi tempi di madri influencer che usano i figli come sponsor, che questo invece è un bellissimo gesto. Sarà forte quando Irma sarà grande, e avrà l'età giusta per capire queste parole, vedere la reazione con sua madre, magari dopo una litigata da adolescente. Spero in un abbraccio. (Gilberto Ongaro)