MITCH AND THE DJED "Life"
(2024 )
All’atto di essere chiamati alla seconda prova, di solito gli artisti si trovano ad un bivio amletico: continuare sulla stessa linea dell’esordio oppure tentare di virare verso nuove frontiere sonore?
Diciamo che, nel caso dei bresciani Mitch and The Djed, si rileva una via di mezzo nel nuovo e.p.“Life” (successore di “Spanish blues” di otto anni fa): 6 brani tonificati a puntino per tutte le occasioni previste, che forniscono elevate prove di rock, blues e cantautorato convincente, tramite una ventina minuti nei quali non si avverte odore di contraddizione o inciampi clamorosi.
Il tutto destinato a palati fini, quelli che nelle orecchie han voglia di far arrivare solo musica ben ponderata, artigianale, senza ghirigori, che fila spedita per la sua strada con coerenza. La progettualità prende spunto dal commentare un cortometraggio che sciorina vari aspetti della vita, poiché di vita qui ce n’è tanta, incrociata tra gli “up & down” che si incontrano nell’itinere esistenziale.
Il piglio gagliardo del singolo “Early morning blues” apre le porte dell’opera, evidenziando tosto la pertinenza per il genere suonato, mentre “You’re laughting at me” coglie aspetti dell’amore nella sua essenza, di far fare molta gavetta prima di giungere sull’altare con l’anima gemella ed il suo leader, Massimiliano Maffels Mitch coglie giusto l’occasione per dedicare alla sua consorte la strumentale “Greis”: 150 secondi toccanti e fascinosi, con la sua guitar che conduce a fantasie west-coast, come si evidenzia anche nella successiva “Black bird”.
Ma l’atmosfera più intima e suggestiva si tocca in “Golden ring in the cemetery”, dall’aria vagamente ferale, però sorretta da una profonda narrazione da verace storyteller, con quel finale di pianoforte che fa spiegare fazzoletti. La soundtrack di “Life” volge verso l’epilogo corposo di “Consonno”, nel quale otto minuti possono sembrare un azzardo, fuori da logiche commerciali, ma sfido chiunque a considerarli lunghi e pesanti quando di mezzo c’è tanta fantasia strumentale, con chitarre espressive filo-Floydiane e voglia di stupire con assoli mirabolanti in aere cinematografica.
Superata bene la prova del fuoco del secondo disco, i Mitch and The Djed van meritevolmente annotati nel registro delle belle presenze del panorama sonoro italiano. Traduzione: bella musica a km. zero. (Max Casali)