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OTTODIX  "Il Milione – Best of Ottodix 2014>2024"
   (2024 )

Dopo vent'anni di carriera musicale, Alessandro Zanier in arte Ottodix pubblica un best of, riservato agli ultimi di questi dieci anni. La raccolta si chiama “Il Milione – Best of Ottodix 2014>2024” (2014 è maggiore di 2024?), uscito per VREC Label, e ripercorre le canzoni dell'artista trevigiano, ordinate secondo un concept. “Il Milione” fa riferimento al nuovo pezzo di chiusura, “Marco Polo”.

Accanto all'attività di cantautore elettropop, Ottodix è anche artista visivo, e ha esposto alla Biennale di Venezia più volte. Nel 2017 ad esempio, accanto al disco “Micromega”, ha lanciato un'operazione artistica online, il Micromega Project, un'illustrazione che parte dai microorganismi fino agli universi paralleli.

Esplorando questo decennio elettropop, si sentono le influenze sonore subsonichesche, come nel pezzo “Micromegaboy”, e a volte si batte una house con i suoni synth danzerecci, come in “Maori”. Nei testi, Ottodix si rivela un predicatore, spesso portatore di una visione progressista abbastanza riconoscibile, quella che abbatte i confini, come in “Planisfera”: “Il mondo gira e se ne frega dei percorsi umani, è solo un sasso privo del concetto di domani (…) è sorvolando che comprendi la regia”.

Eppure, anche a Ottodix dispiace la delusione europeista, come si canta in “Europhonia”. Dopo aver citato il fallimento dell'esperanto, dichiara: “Siamo come gli europei, non ci capiremo mai”. Un rifugio allora sono “Le città immaginarie”, quelle create in computer grafica, che corrispondono ai sogni rinascimentali delle città ideali. L'arrangiamento, tra pizzicato e “strings” (archi di tastiera), ricorda il sound de “Le persone silenziose” di Luca Carboni, e forse il mio collegamento mentale non è dovuto solo ai suoni, ma anche al videoclip di Carboni: ci sono ombre umane che camminano davanti ai palazzi metafisici di Giorgio De Chirico. Il cerchio si chiude!

La geografia è tanto importante per Ottodix. Ci sono le “Isole Remote”, dove dice che ama “navigare la rete che ci dà libertà. Tu come me credi ai ponti tra le regioni distanti, ma come me fuggi sui monti, dalle derive dei continenti”. Uno spunto ambientalista parla del nuovo continente. Se i Pooh ne parlavano in maniera fiduciosa, nella epica “Dove comincia il sole”, Ottodix invece si riferisce a quell'isola d'immondizia accumulatasi nel Pacifico, in “Pacific Trash Vortex”.

In questa visione non manca la critica all'illusione dei social network, che massaggiano i narcisismi (o ne creano di nuovi): “Vivo al centro di una bolla tutta mia (…) assecondando la mia piccola tribù”. In “Techne” la tecnologia diventa una distopica divinità: “Ci serviranno macchine per progettare macchine”. Un pezzo molto interessante è quello che apre l'album, “Post”. Non si riferisce ai post di Facebook, ma alla radice post-, che caratterizza tanti movimenti culturali contemporanei. Siamo nell'era del dopo-ogni cosa: “Post human, post punk, post modern, post without past. Tutto è stato detto, tutto è stato scritto già”. Sembra autoironico, da un artista che fa della sua cifra l'elettronica, cantare così: “Portati un portatile, fingiti difficile, smetti di significare se li puoi suggestionare”.

“Marco Polo”, l'annunciato nuovo pezzo, non si schioda da questo sound elettronico un po' vintage, per celebrare l'esploratore veneziano, paragonato ai giorni nostri: “Stanno tornando anni di piombo sopra di noi. (…) Viva colui che sfida il suo secolo”. Per me è una curiosa coincidenza, in un album che guarda alle delusioni europee e alle società che si chiudono, trovare questo singolo, perché il mio professore di Sociologia dei Processi Culturali, nel lontano 2007 diceva che la globalizzazione non è iniziata 30 anni fa, ma è iniziata proprio con quel viaggio in Cina. Chi ha cercato dialoghi e scambi culturali in passato, ha gettato le basi per gli attuali ponti. Chissà se anche Ottodix la pensa così. Al netto del piglio moralistico diffuso in molte canzoni, ci sono a volte sequenze armoniche coinvolgenti e la rappresentazione in parole di una precisa immagine del mondo e dell'esistenza. (Gilberto Ongaro)