MISHA CHYLKOVA "Dancing the same dance"
(2024 )
“La stagione dell'amore viene e va”, cantava Battiato. Forse non era così esplicito che trattasse il tema della circolarità. “Ancora un altro entusiasmo ti farà pulsare il cuore”, dice più tardi, e forse questo indizio è più chiaro. Intanto, le musiche di Misha Chylkova pulsano con i loro battiti, per costruire un concept album incentrato sul loop, sulla fine che arriva prima di un nuovo inizio, per accorgersi delle ripetizioni nell'esistenza.
Uscito per Gare Du Nord Records, “Dancing the same dance” raccoglie canzoni della cantautrice dream indie Misha Chylkova, che tra suoni synth ottantiani cupi, come quelli di “Love.Or”, distorsioni elettriche e rumori ambientali come quelli dei brani di apertura e chiusura, “Coffee” e la titletrack, inserisce la sua voce alla pari con gli strumenti, in modo che voce e parole si fondano insieme all'arrangiamento, anziché spiccare.
Il risultato di questa scelta è di musiche avvolgenti, dove l'attenzione dell'ascoltatore viene fatta rimbalzare da un elemento all'altro. Non si riescono a seguire con attenzione i testi al primo ascolto, perché succede sempre qualcosa che ti porta via, a volte una chitarra brillante come quella di “Will you?”, a volte le fumose atmosfere di “The loop” o i cori, che si mescolano alla voce principale, a volte il basso regolare e pulsante come quello di “Sparrows”, per poi tornare alle parole, come nella evocativa “Dead plants”.
Questa musica si può ascoltare così, in versione studio, per creare un certo clima intimo in casa. Ma io la sua dimensione ideale la immagino di più dal vivo, in un locale semibuio, con delle insegne al neon blu e tanto fumo sul palco, mentre dalla penombra Chylkova ci ripete: “You can leave now”, alla fine di “(Don't) stay”. È musica che invita con morbidezza a percepire le sensazioni fisiche della vita, nel senso corporeo, palpitante. Perché forse è lì, senza ragionamento, che percepiamo la circolarità della realtà. (Gilberto Ongaro)