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YELLOW6  "Sometimes it seems too easy, sometimes it's just too hard"
   (2024 )

Jon Attwood, in arte Yellow6, è un chitarrista inglese da ascoltare con molta calma. Forse dal vivo è ancora più efficace. Su YouTube c'è una sua esibizione al Weird Garden, a Lincoln (Regno Unito), che ci dà la cifra e le intenzioni del progetto. Si vede lui, da solo, con la sua chitarra e il suo laptop per avviare i beat elettronici, intento a suonare con la testa sempre bassa, da buona tradizione shoegaze (letteralmente), anche se in questo caso, sarebbe più preciso dire pedalgaze, dato che sul pavimento ci sono diversi pedali, per modulare il suono tra distorsioni, delay eccetera.

“Sometimes It Seems Too Easy, Sometimes It's Just Too Hard” è il titolo del suo nuovo album, solista, uscito per Sound In Silence, ed è formato da nove brani, scelti dalla creazione di 4 ore di creazioni musicali. Per ascoltare Yellow6, bisogna fare silenzio e stare fermi, e non farsi prendere dalla fretta. Le sue pennellate alle corde creano sequenze di accordi che cambiano di continuo ma molto lentamente; a volte non ci si accorge che l'armonia è variata, per quanto dilatate sono le fasi che si susseguono.

Con le tonalità prevalentemente minori, questa drone music esprime un misto di malinconia e oscurità; anche alcuni titoli suggeriscono quest'approccio (“The End Is Near”, “To The Final”). Ma il significato del titolo dell'album sembra riferirsi all'approccio sperimentale di Yellow6 verso la musica. A volte gli esperimenti non funzionano, altre volte sì, e così ci fa ascoltare qui i risultati migliori, che a volte arrivano quasi con troppa facilità, altre volte invece con troppa difficoltà. Un po' come la vita.

Ad esempio, quell'emozione contrastante fra tenerezza e mestizia, è palpabile in “Zygomorph”, che io pensavo fosse una creatura aliena (ma quello era lo xenomorfo!), invece è un tipo di fiore. Wikipedia mi dice che “zigomorfo” è un fiore che presenta un solo tipo di simmetria bilaterale, un po' come i due accordi, uno maggiore e la sua terza minore, che si alternano nel brano. Altri brani prediligono una sorta di crescendo, che non è dato dall'aumentare dell'intensità, ma dall'aggiunta di stratificazioni, come nel brano dal titolo resistente “The Waters Rise But We're Still Afloat”.

Yellow6 ci porta in una dimensione interiore ed intima, dove siamo invitati a contemplare i suoni, i loop armonici e ritmici creati, senza ulteriori sovrastrutture. Per apprezzarlo pienamente bisogna fare silenzio, e fermare anche i pensieri. E questo ogni tanto fa bene. (Gilberto Ongaro)