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IZINE  "Fuori dal mainstream"
   (2024 )

“Questo è un disco che ho scritto per me […], per necessità e per una sorta di urgenza comunicativa”, “senza la smania di successo del mainstream”. Così spiega il cantautore parmense Marco Ravasini, in arte Izine, la motivazione della nascita del suo EP intitolato appunto “Fuori dal mainstream” e uscito il 25 ottobre 2024 sotto l’etichetta Alka Record Label, con la produzione di Michele Guberti e la direzione artistica di Massimiliano Lambertini.

Il disco è formato da cinque tracce e dura poco più di 16 minuti, ma rappresenta un lavoro complesso e interessante. L’impostazione melodica e ritmica molto equilibrata, il giusto uso degli strumenti elettronici senza alterare l’autenticità del suono, nonché la voce piacevole e particolare di Izine sono la conferma della lunga esperienza musicale dell’artista (con delle band emiliane come Ground Control e The Troublemakers) e della sua preparazione accademica presso l’Alma Mater di Bologna e presso Modern Music Institute.

Il primo brano presente sull’EP, uscito come singolo il 27 settembre 2024, s’intitola “Il vento soffia da Marte” e apparentemente ha molto in comune con le canzoni del mainstream moderno… ma l’ascoltatore non deve rimanere deluso dal contrasto tra il titolo del disco e questa iniziale apparenza: un ascolto attento e perseverante dell’intera opera (tanto, si tratta di soli 16 minuti) verrà premiato con delle sorprese da non sottovalutare.

I non più giovanissimi che si ricordano il pop alternativo degli anni ‘80/‘90 dello scorso secolo avranno il piacere di ritrovare nel disco di Izine lo stile unico che ha contraddistinto il periodo iniziale di attività dei Depeche Mode. Tale aspetto è evidente soprattutto nel brano “Ma quanto sei bella” – che riprende modificando il tema strumentale di “I just can’t get enough” – e anche nella penultima canzone, intitolata “Spazio (Take me to the dark side)”, la cui parte introduttiva e di backing vocals potrebbe benissimo essere cantata da David Gahan e Martin Gore senza che nessuno noti nulla di strano.

La musica ha un effetto rilassante perché in generale è simmetrica e ripetitiva, ma non mancano gli spunti di espressività e di originalità. Per esempio, è molto bello dal punto di vista melodico il momento della canzone “Preoccuparsi del wi-fi” in cui viene detto “perché niente è ciò che dai” (minuto 1:15) e ha un particolare impatto emotivo il passaggio dalla strofa al ritornello in “Spazio”.

Per quanto riguarda invece i testi poetici, l’autore sembra che si prenda molta cura soprattutto dell’aspetto ritmico e fonetico, trattando forse con una certa leggerezza la coerenza di significato tra le varie frasi che compongono il discorso.

Nonostante l’intenzione di trasmettere un messaggio poetico importante, a volte sembra che gli abbinamenti di parole utilizzati non siano proprio i più adatti per esprimerlo… Nel brano di apertura, per esempio, il sentimento amoroso è evidente ma versi come “Senza di te sembro un deficiente/ Sopra di te la pioggia cade più forte” non gli rendono il massimo omaggio…

In “Spazio”, è chiaro il riferimento alla frenesia della quotidianità che schiaccia l’individuo, ma forse solo i versi “Fiumi di tempo per trovarsi uno spazio” e “In attesa di un santo che venga a liberarci” sono veramente efficaci per esprimere tale concetto.

Notiamo inoltre nei testi una specie di “collage”: l’artista usa nelle proprie canzoni delle espressioni che sembrano prese in prestito o “ritagliate” da testi noti appartenenti ad altri autori e forse non abbastanza integrate nel nuovo contesto. La più significativa in questo senso è “Si sta come le foglie sugli alberi in Emilia”, presente nella canzone “Qui”, molto simile alla poesia “Soldati” di Giuseppe Ungaretti.

Non di meno colpisce l’espressione “mille bolle blu” che ricorda la grande Mina, utilizzata nel brano “Il vento soffia da Marte” come paragone riguardante il vento. Ancora, “Take me to the dark side of the moon” viene detto nella canzone “Spazio”, ricordando il celebre titolo dei Pink Floyd. E, chissà se consapevolmente o per coincidenza, nel brano “Qui” ad un certo punto si sente un “Ti prego, ascoltami!” molto simile – almeno dal punto di vista ritmico – all’analogo verso con cui inizia “Direzioni diverse” de Il Teatro degli Orrori.

Riteniamo il migliore tra tutti il brano “Preoccuparsi del wi-fi”, forse non a caso posizionato terzo, cioè in mezzo alla serie dei cinque. Con un ritmo incalzante e con una coerenza testuale difficile da trovare negli altri quattro brani, la canzone punta il dito sull’egocentrismo e sull’indifferenza dell’individuo di fronte al mondo circostante. Fin dal titolo capiamo che si tratta delle preoccupazioni futili che riguardano le tecnologie digitali moderne e che isolano la persona dalle altre, rendendola insensibile ai veri problemi dell’umanità.

La parola “wi-fi” stessa fa pensare a “senza fili”, cioè alla mancanza di legami con il prossimo… che sia esso umano, animale o vegetale. Il testo della canzone accenna a diversi disastri che accadono poco lontano da noi (mine che scoppiano, aerei che cadono, una “tempesta” in arrivo), disastri che da molti passano inosservati, perché – dice l’autore – “come sempre sei sul pezzo e non ti accorgi di niente, troppo preso da te stesso”. E di continuo “fai finta di niente perché niente è ciò che dai”, mentre “parli, parli, parli, continui lo show, ma quando arriva l’onda sarai il primo ad andare giù”.

Il riferimento al troppo parlare e allo show è senza dubbio un’allusione alla società in cui viviamo attualmente, caratterizzata dal protagonismo e dalla cultura dell’immagine: la “società dello spettacolo” descritta da Guy Debord nel 1967… proprio quella dalla quale l’arte di Marco Ravasini si ostina a rimanere fuori.

Buon ascolto! (Magda Vasilescu)