recensioni dischi
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ABANDONCY  "Assailable//Agonism"
   (2024 )

Al crocevia tra Jesus Lizard, Oxbow, Unsane e Henry Rollins, è un post-hardcore aspro e slabbrato quello iniettato con massicce dosi di violenza nelle sei tracce soffocanti e truci di “Assailable//Agonism”, terzo album in cinque anni di vita per gli Abandoncy, trio di Kansas City che pubblica per la label nostrana Vina Records questi diciannove vigorosi minuti di pura ferocia.

Damian Fisher (voce e chitarra), Lincoln Peterson (basso) e Morgan Reed Greenwood (batteria) imbastiscono un lavoro diretto e sfrontato, sputato e sbraitato, truce e caotico, assalto a testa bassa che ben esegue il canone, all’insegna di una musica spigolosa, contorta e fragorosa come si conviene al genere.

Brani brevi, compatti e tesissimi concedono solo sporadica requie dal martellamento convulso che squassa gli esili brandelli di una scrittura asciutta ed essenziale, affilata come un rasoio, aggressiva e stravolta: sono pezzi sparati a mille all’ora, privi di una struttura, basati sulle dinamiche e sull’impatto travolgente e stordente dell’insieme.

A farla da padrone è il canto allucinato ed espressionista di Fisher, che devasta lo spinoso tappeto di dissonanze, clangori e rumori di fondo dell’opener “Heat Dump”, tra rimbombi assortiti e feedback a briglia sciolta, ma non da meno sono il drumming impazzito di “Scarlet Rot”, su schegge di elettricità maniacale e screamo furente, o il basso tellurico e slabbrato che sconvolge l’ingorgo di “God’s Pee”, con gran finale di disturbi assortiti e campane a morto.

Nessuna concessione all’uditorio in un martirio sonoro che raggiunge il suo acme nelle movenze à la Shellac di “Battle Axe” - con chitarra ciondolante, scordature metalliche nostalgicamente albiniane, staccati violentissimi, coda rumoristica – e nella conclusiva, asfissiante “Night Drive”, con il cameo di Eugene S. Robinson a suggellare un album impressionante per impeto, solidità e veemenza. (Manuel Maverna)