ZOLDER ELLIPSIS "Il libro dei tropi"
(2024 )
Nel commentare ''Entropy override'' (2021), il precedente disco della band statunitense Zolder Ellipsis (http://www.musicmap.it/recdischi/ordinaperr.asp?id=9058) capitanata dal tastierista Tom Aldrich (Sean Moran, chitarre; Chad Langford, basso; Ivo Bol campionamenti, elettronica; Pier Aeternus, batteria; Thèo Lanau, batteria; Ester Mugambi, voce), partivo dal descrivere un pessimo tono dell’umore che mi indisponeva alla musica se non a qualcosa di bello pesante come death o doom metal.
Notando ''Entropy override'' sulla scrivania e non avendolo ancora ascoltato, cedetti alla curiosità e ne ottenni una sorta di benefico effetto lenitivo, che mi fece dimenticare la disforia iniziale lasciandomi una piacevole sensazione di leggerezza.
Ebbene, nell’approccio con ''Il Libro dei Tropi'' stava ripetendosi la stessa situazione, nel caso legata a un disgraziato giovedì. Caso? Sincronicità? Deja vecu? Altro? Non abbiamo la sfera di cristallo, ma fatto sta che l’effetto è stato esattamente lo stesso.
Mentre il CD scorre nel lettore, si resta ben presto colpiti dalla varietà di atmosfere ed influssi che spaziano fra tradizione e modernità, dove spiccano significative alternanze fra un progressive di taglio sperimentale e spunti di improvvisazione jazzistica, fra alt rock e momenti di sapore folk espresso dalla ottima voce femminile di Esther Mugamb, il tutto a formare una sintesi tanto improbabile quanto originale.
Ogni brano costituisce un episodio a sé stante: si trovano atmosfere diversificate comprendenti tratti acustici rilassanti e passaggi “disforici” che sembrerebbero farsi beffe di ogni traccia melodica, per virare poi in inattese ripartenze armoniche e distensive.
La musica pare così esprimere nel pentagramma la figura retorica indicata nel titolo, il tropo, che rimanda ad uno spostamento (traslazione) di significati.
Ma il coup de génie consiste nella paradossale sensazione di continuità che emerge dall’ascolto del disco, in una sorta di filo conduttore invisibile che ci lascia il desiderio di rimetterlo sul lettore e di ascoltare il prossimo lavoro. Mica male, vi pare?
Insomma, anche questa volta la band statunitense creativamente “fuori dal coro”, e chi ha creduto in loro come la Lizard Records, hanno fatto centro. (MauroProg)