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FRANCESCO LURGO  "The gentle whale"
   (2024 )

Una balena gentile, anziché quella minacciosa di Moby Dick. È il concetto attorno al quale ruota la liquida musica di Francesco Lurgo, nel suo album “The Gentle Whale”, uscito per 13 / Silentes. Si tratta di un'elettronica dilatata, che unisce i grandi paesaggi dell'ambient, ai grandi paesaggi dell'intenzione del post rock.

Fatti di gocce di suoni, questi affreschi paiono avere consistenza tattile, sembra si possano toccare brani come “Blind Cinema”, fatta da caldi arpeggi di chitarra e azzurri synth. Ma è tutto fuorché rilassante. La tonalità più frequente è minore, c'è sempre un po' di tenebra e inquietudine, come nell'ossessivo loop del brano d'apertura, “The Room as an Exoskeleton”. Un'espressione tanto significativa. Immaginarsi la stanza dove ci si trova come un esoscheletro, cioè uno scheletro esterno al corpo (di solito ce l'hanno insetti duri, quelli che non li ammazzi se li schiacci), significa cercare una grande protezione che avvolga come una corazza, contro i pericoli del grande mondo, o in questo caso, del grande oceano.

Il secondo brano si intitola “Sing me to sleep”, e dopo aver definito la stanza, sembra un invito a dormire. Ma a dispetto del titolo, dopo una distorsione a basso volume che percorre tutta la traccia, a un certo punto arrivano dei colpi forti, che danno l'insonnia! In ogni caso poi si passa alla già nominata “Blind Cinema”, quindi si presume siamo entrati nel mondo dei sogni. E allora ecco arrivare la titletrack, questa balena gentile, rappresentata da tremolanti e melodici archi. Con “Calypso Deep” si sprofonda tra gli animali degli abissi, quelli fluorescenti, con tanta inquietudine musicale.

Il brano “PlxPBxSR” suona lontanamente à la Vangelis, per come sono gestite le sue distese sonore. “Laminaria Pallida” gioca con i synth con l'intenzione dichiarata da Lurgo, per la quale un artista dev'essere un bambino che si sporca giocando, provando le cose. E qui siamo davvero immersi negli esperimenti, tra echi, riverberi e improvvisi legati che uniscono il mare di suoni, che ormai hanno perso l'oscurità dei brani iniziali.

“Different kinds of nights” sega ancora di più le distorsioni, per ottenere della “polvere elettronica” che si deposita qua e là sul fondo blu oltremare. Ed infine “Horizontina” è la conclusione, lasciata tutta agli arpeggi di una chitarra elettrica pulita e carica di delay, assieme ad un basso elettrico. Si finisce decisamente in serenità.

Questo disco è davvero gentile: anche nei momenti più oscuri e angosciati, ti accompagna in una landa accogliente ed empatica. Non devi capire: se la ascolti bene, questa musica può capire te! (Gilberto Ongaro)