HELLUVAH "Fire architecture"
(2024 )
Questa è una delle rare volte che mi trovo a scrivere di un’artista, il cui relativo comunicato-stampa è avarissimo di notizie in merito.
Sappiamo solo che il progetto Helluvah è capitanato dalla francese Camille W. , la quale col suo nuovo album “Fire architecture” irrompe con 10 validi brani che tendono, in linea generale, a puntare la sua osservazione sul mondo e a darne una definizione mai urlata nel cielo ma col giusto equilibrio orchestrativo, formulato in alt-dark wave.
Dopo tutto, conta la musica, ed anche se Helluvah resta un mancato dettaglio approfondito (e ci avrebbe fatto molto piacere saperne di più sul suo conto) si viaggia sulle ali del mistero, comunque attrattivo.
Inizia fornendoci la sabbiosa “Best auspices” e la spigliata “La nuit Americaine”, giusto per far capire la sua intenzionalità eclettica, non prodigiosa ma splendidamente vintàge, mentre la coriacea “One misfortune” è ben fornita di indizi Cure-iani che non disdegnano scosse elettriche e che scorrono anche nei tralicci di “We want revenge”, “Somewhere Uncertain” e “Cold blood and rage”, opportunamente messi in sicurezza per non rischiare di farci rimanere fulminati.
Porca miseria! La tracklist è un’escalation di gradevolezza ed acchiappo smaliziato, poiché tutta incentrata in piena spontaneità, senza regole, senza vincoli, senza condizionamenti fuori luogo, e fa bene la Nostra a far scorrere il suo “fiume” autoriale in assoluta libertà: parlo, appunto di “The River”.
Invece, un pizzico di electronic-game sound non guasta il gusto uditivo di “I want it solid”, anzi! Lo rinnova, peraltro, nell’oscurità... lucente di “Celebrate”, come una signora della notte che ammalia i sognatori in dormiveglia.
Col piglio di Siouxie e stilemi à là Joan Jett, ecco che Helluvah riesce a superare l’esame di “Fire architecture” senza pretese ma con la convinta idea che, nel circuito mainstream, saprà dire la sua e, magari, nelle tappe successive ambire a qualcosa di più, se manterrà intatta una certa quadratura ideativa. Qui c’è, domani... chissà: chi vivrà vedrà. (Max Casali)