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ATARAXIA  "Centaurea"
   (2024 )

Conosco gli Ataraxia da molto tempo. Da allora, la loro instancabile ricerca, e l’immergersi in qualche forma d’arte poco conosciuta di qualche popolo, non si è mai fermata.

Ma non mi risulta siano mai stati incontri cercati con metodo, pensando piuttosto che fosse l’Arte stessa a prendere qualche sembianza e ad andare loro incontro. In cambio, Francesca Nicoli con la sua voce, Vittorio Vandelli con le sue chitarre e Giovanni Pagliari con le sue tastiere, da oltre trent’anni portano in giro per il mondo musiche ispirate da questi incontri.

È rimasta magicamente inalterata la capacità di queste musiche dal gusto arcaico di penetrare la scorza del corpo per entrare e toccare il cuore. Anzi, ho l’impressione che con ‘Centaurea’ questo tipo di approccio sia ancora più avvertibile. Forse perché la sopra citata ricerca, che da sempre coinvolge in maniera particolare Francesca Nicoli, non si concentra solo sul suono della sua voce, che peraltro ancora si alterna ora suadente e delicata ora severa e dura.

Lo studio di miti e leggende, il rapporto dell’uomo con la Natura e gli Elementi, ha portato ad un graduale e progressivo ingresso in un mondo ricco di sacralità, che spesso il semplice umano ignora. Seguendo la loro discografia ed ascoltando il nuovo album, è verificabile una quasi scontata conferma. Ma non è banale e volgare prevedibilità.

‘Centaurea’ è il secondo capitolo di una trilogia, cominciata con ‘Pomegranate – The Chant of the Elementals’ e che si completerà con una terza parte dedicata ai Campi Elisi. Il “neofolk” degli Ataraxia non è quindi da considerare appartenente ad un presunto genere al quale Francesca Nicoli e compagni insistentemente aderiscono. Penso piuttosto che le musiche scaturite dalle loro anime, siano frutto quasi esclusivo dell’ispirazione e di quello che vogliono raccontare in quel momento. Nessun legame stilistico quindi, anche se a volte qualche paragone diventa necessario per incuriosire il potenziale ascoltatore. Ma è una cosa che si può tranquillamente delegare a siti web come Wikipedia.

È la magica voce di Francesca a collocare il tutto da qualche parte nell’immaginario. Non c’è niente di scientifico, perchè anche con ‘Centaurea’ si entra in un altro mondo che non è il nostro, senza tempo né spazio. Potrà sembrare una conseguenza, ma in questo album coesistono sia note acustiche che elettriche o addirittura elettroniche. Sono solo veicoli, perché l’obiettivo è un altro: toccare la bellezza. Ciò potrebbe portare all’estasi, come a suo tempo è capitato per esempio ad una grande mistica, qual’è stata Santa Ildegarda di Bingen.

In sintesi, ascoltare un album degli Ataraxia è un’esperienza, e ‘Centaurea’ si propone come un momento molto importante di un percorso artistico. Con la variabile indefinibile del Tempo, unica interfaccia tra l’uomo e l’Ignoto. (Mauro Furlan)