PACÔME GENTY "Hestia"
(2024 )
Attivo da oltre vent’anni in seno a svariate formazioni ed altrettanti progetti di rilievo, annidato in una ben protetta nicchia di quel world apart al confine tra pop sui generis e musica colta, Pacôme Genty è artista indefinibile, di profonda sensibilità e gusto raffinato. Pubblicato per Prohibited Records, “Hestia” è lavoro delicato e soave, sebbene intrinsecamente ondivago; alla maniera degli Steely Dan, manipola un easy listening non lineare ibridato insistentemente con atmosfere jazzy, atout che conferisce all’insieme un tono elegante ed elitario.
Brani sontuosamente arrangiati ed altrettanto mirabilmente prodotti fanno di “Hestia” un’opera complessa, eppure curiosamente fruibile: scritte tra il 2021 ed il 2023, le otto tracce sopravvissute alla cernita - scelte su un totale di quindici - brillano per una singolare immediatezza, benché tendano spontaneamente a deviare dal tema portante nello spazio di poche battute. Canzoni morbide e cangianti, in sinuoso movimento, scivolano lievi tra il reggae mascherato di “Without” e l’aria carioca di “Minha Querida”, mimano un country al rallentatore in “Lonely As A Cloud”, spaziano inafferrabili nelle contorsioni di “Griselda”, sfavillante opener sospesa tra intro à la Genesis, jazz da camera à la Paul Simon e tropicalismi assortiti a chiudere il cerchio.
Con assoluta nonchalance ed apparente leggerezza, ogni episodio cela idee e spunti, trucchi e magheggi, dal passo sornione di una “Talk-Walk” che lambisce addirittura i Fontaines D.C. di “A Hero’s Death” (sic!) al folk-revival di “Saint Elmo”, arpeggio bucolico velato da una patina vieux-temps, scosso da piccoli disturbi, contrappunti del flauto e accenti di maracas, preludio alla carezzevole dilatazione strumentale di “Modesty”, epilogo che sa di impro e di John Abercrombie, chiusura sobria e misurata di un album prezioso, sfaccettato, imprevedibile. (Manuel Maverna)