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AIRPORTMAN  "Ed è subito autunno"
   (2024 )

Si può tradurre e condividere attraverso la musica la dimensione interiore, in altri termini, quello che riguarda l’esperienza cosciente (sentimenti, vissuti, stati d’animo), vale a dire quanto di più irriducibile e soggettivo si possa riscontrare in natura (noto come ''qualia''), e che unitamente a quella “facoltà raziocinante” di cui andiamo tanto fieri esprime una delle più rappresentative peculiarità di Homo Sapiens?

Non ho esitazioni a rispondere in modo affermativo, vista la potenza evocativa di questa nobile forma d’arte presente nell’Uomo (almeno) sin dal Paleolitico superiore (circa fra i 40 000 e i 10 00 anni orsono), una potenza superiore ad ogni altra facoltà o dimensione razionale.

Questa convinzione viene confermata dall’ascolto dell’ultimo album degli Airportman, una band cuneese composta da due elementi, Giovanni Risso e Marco Lamberti, con alle spalle un’ampia discografia di impronta minimalista targata Lizard Records, spesso adatta a performance teatrali, che assegna al testo la massima centralità rappresentativa.

Stavolta però la parola esce di scena per affidare il compito di evocare sentimenti e immagini alle scarne ma profonde note di due chitarre dialoganti registrate in presa diretta, nel caso vissuti legati ad un autunno (anche) come stagione dell’anima riflessa nel grigio di quelle nuvole raffigurate in copertina. E come si sa, l’atavico legame fra l’Uomo e le stagioni è vicendevole: basti pensare, restando sul piano scientifico, alla loro significativa influenza sul tono dell’umore.

L’autunno è specchio e metafora di quella malinconia che talvolta ci avvolge fino ai confini dell’abisso-disperazione ma che, come tutti gli stati d’animo, cangianti e mai permanenti o definitivi - tutto scorre come indica Eraclito nel Pantarei – si configura come quel sentimento agrodolce da cui occorre essere attraversati per poter scorgere l’arcobaleno e viverne pienamente i colori secondo le leggi della eterna ciclicità del vivente.

Immersi nei frenetici ritmi di una società iperconnessa, malata, caratterizzata da una cacofonia di stimoli e pensieri che affollano, quando non intossicano, la nostra mente, concedersi momenti di pausa per dedicarsi all’ascolto di una musica minimale e riflessiva dove ogni singolo suono assume rilevanza e valore significante, non può che essere di beneficio, anzi, starei per dire un’esperienza imperdibile anche per chi come me ama la pienezza del progressive rock e del metal.

E dunque anche per “noi rockettari”, riprendendo l’omonimo (bellissimo) album acustico dei Marillion (2009), in musica talvolta “Less is more”. La ricca discografia Airportman, compreso questo ultimo disco, rappresenta una miniera da cui attingere per godere a pieno questi momenti con la certezza, vista la qualità artistica del duo, di non rimanere delusi. (MauroProg)